Diporto commerciale: da dove iniziare
Cari lettori, in questo speciale annuale dedicato al charter non potevo esimermi dal soffermarmi sul tema del diporto commerciale.
Ne parleremo quasi partendo dall’ABC, con una panoramica utile a comprenderne l’unicità e le particolarità rispetto a qualsiasi altra attività imprenditoriale. Partiamo anzitutto dando una veloce panoramica generale.
Che questa tipologia di utilizzo, ovvero quella del diporto commerciale, abbia, oramai da decenni, visto una continua ascesa (praticamente a livello internazionale) è sicuramente un dato di fatto. Ciò è stato favorito sia dall’accessibilità, prima assai più elitaria, data dal potersi permettere l’acquisto di un’unità da diporto a prezzi più accessibili che da un oggettivo (e tutt’ora cospicuo) aumento della domanda per fruire, in chiave turistico-ricreativa, delle unità da diporto.
Dal punto di vista normativo, almeno nel nostro ordinamento, il diporto commerciale rappresenta infatti una tipologia di utilizzo disciplinata da diversi decenni, seppur limitata a due essenziali attività come il noleggio e la locazione (nel mondo anglosassone meglio conosciuti rispettivamente come “charter” e “bareboat charter”).
A queste si sono aggiunti, con le recenti modifiche del Codice della nautica da diporto, ulteriori utilizzi specifici, opportunamente nominati e regolati.
Di pari passo con la disciplina degli utilizzi consentiti nel nostro Paese (che risultano oggettivamente limitati rispetto a registri più performanti sul tema, come Regno Unito e, a seguire, di Malta), è anche seguita una sacrosanta attività di contrasto anche all’utilizzo abusivo dell’esercizio commerciale delle unità da diporto. A dimostrazione, ancora una volta, del fatto che il fenomeno “diporto commerciale” può definirsi tutt’altro che trascurabile.
Relativamente ai numeri ufficiali, l’annuale pubblicazione del mercato diportistico, ovvero “La Nautica in Cifre”, non permette purtroppo di computare quali e quante unità siano autorizzate e certificate per l’utilizzo commerciale su una statistica di una flotta (tra vela e motore e dai natanti alle navi) che registra ben 100.983 unità da cui vanno escluse le unità battenti bandiera straniera che, comunque, sono tenute (e possono) a richiedere l’autorizzazione all’esercizio per operare nel nostro Paese. Il fatto è che, osservando i numeri delle compravendite, la grande mole commerciale dedicata sia al charter che alla locazione, e il non meno importante dato dalla richiesta dell’utenza, il settore sembra vivere ancora, dopo cinque anni dalla pandemia, un periodo di vera e propria grazia.
DIPORTO COMMERCIALE: COSA C’È DA SAPERE PER INIZIARE
Come abbiamo in parte avuto modo di vedere, possiamo anzitutto dire che l’attività del diporto commerciale costituisce, sia in Italia che all’estero, un’attività imprenditoriale normata e regolamentata.
Volendo, per praticità, restare in un’ottica nazionale (ma ciò che diremo, in tutto o in parte, può applicarsi anche per l’estero), possiamo anzitutto dire, norma alla mano, che l’attività armatoriale (in chiave economico-imprenditoriale) può essere esercitata solo sotto forma d’impresa e in tutte le relative forme disciplinate dal Codice Civile e da quanto, nel merito, ovviamente disciplinato dal Codice della Navigazione e, a seguire, dal Codice della Nautica da Diporto.
In questa fattispecie, anche qui norma alla mano, è opportuno chiarire fin da subito che l’utilizzo commerciale delle unità da diporto non è assimilabile al c.d. noleggio occasionale che formalmente “non costituisce uso commerciale dell’unità”.
Dopo l’eventuale costituzione di una società o l’apertura di una partita IVA, se in forma individuale, e con particolare riferimento a tutti gli utilizzi disciplinati dal Codice della nautica da diporto (cfr. art. 2. del D.Lgs. 18 luglio 2005, n. 171) vanno individuati i relativi codici Ateco, effettuata l’iscrizione in Camera di Commercio e, infine, avviata la prescritta SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) presso la stessa Camera di Commercio e previo il possesso di tutti i requisiti, documentali e certificativi, afferenti all’unità. Ed è proprio in riferimento all’unità e al tipo di esercizio che si intenderà svolgere che troviamo un importante ulteriore elemento distintivo propedeutico all’avvio dell’attività armatoriale.
In primo luogo, se con bandiera italiana (ma l’esercizio è ammesso anche per unità commerciali battenti bandiera estera), l’unità dovrà essere certificata (da parte di un organismo autorizzato dal MIT) per il noleggio e/o la locazione e, successivamente, avere anche la relativa e prescritta annotazione in licenza. Arrivati a questo punto, e ponendo l’accento su un’ipotetica attività di noleggio (charter) l’unità non potrà che essere dotata e armata, avendo cura di perfezionare le seguenti voci che qui descriveremo in chiave indicativa e non esaustiva.
Ne citeremo dunque alcune:
1) Rilascio del Ruolino Equipaggio;
2) Apertura delle posizioni assicurative e previdenziali per il personale marittimo tramite applicativo UNIMARE;
3) Possesso dei titoli professionali marittimi (almeno per il comandante) per l’assunzione del comando, oltre ai requisiti previsti per tutti gli altri marittimi, come il possesso dell’STCW basic training, la visita biennale e il libretto di navigazione;
4) Certificazione HACCP e relativa formazione per il personale di cucina (se tale servizio viene offerto a bordo), oltre al rilascio del certificato di “libera pratica sanitaria” da parte del competente ufficio USMAF competente per territorio.
Se quella suddetta è senz’altro una veloce panoramica, normativa e certificativa (come abbiamo detto si sono fatti degli accenni in chiave veramente indicativa e su di un caso “ideale”), rispetto ai principali aspetti che devono essere tenuti in considerazione per l’avvio di un’attività operante nel diporto commerciale; è altrettanto importante, e consigliabile, interrogarsi su altri importanti aspetti, e ancor prima di iniziare l’attività.
Tra questi, si citano anche alcuni degli argomenti già trattati in precedenti mie rubriche, ma sempre di fondamentale importanza allorquando si decida di addentrarsi nell’esercizio commerciale di un’unità e non solo da diporto. Il tutto con l’intento di progettare, comprendere e soppesare aspetti di natura economica e normativa che spesso posso fare la differenza non solo su un utile o su una perdita, ma persino tra il successo e il fallimento.
Dunque, il modo migliore per procedere preliminarmente all’avvio dell’attività, e non senza un supporto specialistico, possono essere condensate nei seguenti punti:
– Comprensione e valutazione del mercato, dell’area di navigazione e dell’unità.
– Scelta della bandiera (sempre con abilitazione commerciale) in riferimento sia all’unità che al tipo di esercizio. Il tutto in correlazione delle specifiche attività esercitate, dei costi di esercizio, dei titoli professionali, delle fiscalità e così via dicendo.
– Comprensione e valutazione degli elementi specialistici, applicati alla fiscalità tipica dell’impresa marittima spesso atipica rispetto alle altre attività imprenditoriali;
– Corretta valutazione e gestione del rischio attraverso la corretta gestione in chiave interna e/o assicurativa, stanti le peculiarità e i rischi (civili, penali, contrattuali), anche in questo caso tipici dell’attività armatoriale.
– Proiezione e follow-up dei c.d. “running costs”, sia in chiave di pianificazione, che di esercizio e corretta gestione patrimoniale del cespite (in questo caso l’unità o la flotta se più di una).
– Valutazione preliminare delle opportunità di finanziamento bancario e finanziario tipiche del settore navale (tra cui mutuo navale e leasing nautico).
Seppur in questo approfondimento ci sia l’intento di discernere quello che rappresenta un vero e proprio mondo, ovvero di quello costituente la tematica dell’esercizio commerciale, si spera, quantomeno, di aver dato al lettore almeno una buona infarinatura sull’argomento. Tuttavia, il consiglio e l’invito più importante è da ricercarsi sicuramente nell’avere un approccio pragmatico e tecnico-scientifico su questa specifica attività d’impresa.
Attività imprenditoriale questa che, come abbiamo detto nell’articolo, non solo è atipica rispetto a tutte le altre, ma che spesso è irta di rischi, criticità e peculiarità che non posso non essere tenute in considerazione per creare, di contro, una attività di successo.