Leasing finanziario nautico: una recente sentenza della Cassazione
Una recentissima sentenza della Corte di Cassazione in tema di leasing finanziario nautico, (Corte di Cassazione, Sezione 3 Civile, Ordinanza 10 ottobre 2024 n. 26487) e in particolare in merito alla natura del contratto e al collegamento negoziale tra il contratto di fornitura e quello di leasing, mi permette di tornare su un argomento a me molto caro e già parzialmente affrontato per questa rivista, anche se sotto una diversa prospettiva.
IL LEASING FINANZIARIO: LA DEFINIZIONE
Con l’espressione leasing finanziario (o locazione finanziaria) si intende il contratto con cui il concedente (locatore o “lessor”) si obbliga ad acquistare o a far costruire un bene su scelta e secondo le indicazioni dell’utilizzatore (conduttore o “lessee”), al quale il bene è concesso in godimento per un determinato periodo di tempo e verso il pagamento di un determinato corrispettivo, con la conseguente assunzione, da parte del medesimo, di tutti i relativi rischi e obblighi di mantenimento e cura.
L’utilizzatore è titolare del diritto di riscatto, ovvero del diritto, esercitabile alla scadenza del contratto, di acquistare la proprietà del bene a un prezzo prestabilito (c.d. prezzo di riscatto); in caso di mancato esercizio del diritto di riscatto, l’utilizzatore è tenuto a restituire il bene al concedente.
Nel leasing finanziario traslativo, caratterizzato, ontologicamente, dalla prevalenza della funzione di finanziamento dell’acquisto rispetto a quella — meramente strumentale — di godimento, non essendo la durata del contratto commisurata alla vita economica del bene, ma stabilita in funzione del previsto effetto traslativo, l’importo globale dei canoni dovuti corrisponde all’importo del finanziamento: ciascun canone periodico costituisce il corrispettivo sia della concessione in godimento del bene che del trasferimento della relativa proprietà e sconta, anche in previsione del successivo acquisto da parte dell’utilizzatore, una quota di prezzo.
In altri termini, il canone periodico si compone di una quota di capitale e di una quota di interessi (passivi), finalizzata a remunerare il concedente per l’impiego dei propri capitali. L’acquisto si pone, alla scadenza del contratto, come una scelta (economicamente) obbligata per l’utilizzatore, avuto riguardo della sproporzione tra il valore residuo apprezzabile del bene e il modesto prezzo di opzione: al termine del rapporto l’utilizzatore, avendo interamente pagato il prezzo, è vincolato — non giuridicamente, ma in termini di convenienza economica — all’acquisto formale del bene.
E ciò è quanto tipicamente avviene nel leasing nautico o navale, strumenti di finanziamento largamente utilizzati nel mercato italiano e straniero.
Relativamente all’inquadramento giuridico del modello contrattuale in esame, la locazione finanziaria — pur avendo costituito, per lungo tempo e nonostante la consistente diffusione nella pratica commerciale, un contratto atipico — è stata oggetto di un intervento di tipizzazione da parte del legislatore nazionale, il quale con la legge 4 agosto 2017, n. 124, (Legge annuale per il mercato e la concorrenza) ha in primis fornito la definizione di locazione finanziaria, intendendosi tale il “contratto con il quale la banca o l’intermediario finanziario iscritto nell’albo di cui all’articolo 106 del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, si obbliga ad acquistare o a far costruire un bene su scelta e secondo le indicazioni dell’utilizzatore, che ne assume tutti i rischi, anche di perimento, e lo fa mettere a disposizione per un dato tempo verso un determinato corrispettivo che tiene conto del prezzo di acquisto o di costruzione e della durata del contratto. Alla scadenza del contratto l’utilizzatore ha diritto di acquistare la proprietà del bene ad un prezzo prestabilito ovvero, in caso di mancato esercizio del diritto, l’obbligo di restituirlo” (art. 1, co. 136, legge n. 124/2017).
Il legislatore ha proceduto alla tipizzazione del contratto di leasing, fornendone una definizione unitaria, perché dopo anni di esperienza pratica maturata dalle parti contrattuali era necessario fornire un unico strumento normativo di riferimento.
IL LEASING FINANZIARIO NAUTICO: IL CASO DI SPECIE
La locazione finanziaria di un bene che naviga presenta ulteriori peculiarità dovute alla particolare tipologia di bene e alla circostanza che proprietario e armatore non possono coincidere nell’istituto finanziatore.
Venendo al commento della recentissima sentenza della Corte di Cassazione indicata nel primo capoverso, che ha offerto spunti molto interessanti di approfondimento sulla natura del contratto di leasing e del rapporto con quello di fornitura del bene concesso in leasing, la medesima muove dall’acquisto in leasing, effettuato da privati, di una imbarcazione presso un produttore olandese. In particolare, l’acquisto è stato effettuato dalla società di leasing, che ha concesso poi in locazione l’imbarcazione agli utilizzatori.
Sin da subito, tuttavia, gli utilizzatori si sono accorti che l’imbarcazione non solo era totalmente inidonea all’uso, ma che era stata altresì realizzata in violazione delle norme CE imponenti determinati requisiti di costruzione e progettazione: non aveva regolari saldature del fasciame della chiglia, e l’apparato motori era fuori norma, così come i documenti rappresentativi.
Gli utilizzatori hanno pertanto interessato della questione l’autorità marittima di Pescara, che ha certificato la non conformità dell’imbarcazione, posta sotto sequestro fino a quando la relativa utilizzazione non è stata inibita in via definitiva, stante il pericolo di naufragio per i difetti costruttivi e le irregolarità di cui era affetta. L’imbarcazione, non utilizzabile, era rimasta quindi in porto, a spese dei ricorrenti utilizzatori.
Essi hanno quindi agito per far valere, in primo luogo, la nullità del contratto di vendita e del collegato contratto di leasing, per illiceità della causa o illiceità o impossibilità dell’oggetto; in subordine, per la declaratoria di annullamento del contratto per vizio del consenso; in ulteriore subordine per la declaratoria di risoluzione per inadempimento del contratto di vendita e del collegato contratto di leasing.
Il Tribunale di Ancona aveva accolto la domanda di risarcimento dei danni nei confronti del costruttore olandese, rigettando per converso la domanda nei confronti del finanziatore e accogliendo la domanda riconvenzionale di quest’ultimo consistente in una richiesta di pagamento in suo favore dei restanti canoni di leasing da parte degli utilizzatori.
La decisione è stata confermata dalla Corte d’Appello di Ancona, che ha condiviso la conclusione del giudice di primo grado.
IL LEASING FINANZIARIO NAUTICO: LA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE
Avverso la suindicata pronunzia della Corte di Appello, gli utilizzatori hanno proposto ricorso in Cassazione; la società di leasing ha resistito con controricorso. Gli utilizzatori hanno impugnato la sentenza della Corte di Appello, sostenendo che la Corte di merito non avesse considerato che le stesse autorità amministrative e portuali avevano accertato che la barca era stata costruita in violazione delle norme sulla sicurezza della navigazione, al punto da prospettare il pericolo di naufragio; lamentavano inoltre che la medesima, proprio perché ritenuta non sicura, non avrebbe potuto essere messa in commercio; che pertanto le norme violate dal costruttore dovevano essere considerate come atte a preservare un interesse generale (la sicurezza, appunto) e che la relativa violazione comportava per ciò stesso la nullità di tutti gli atti negoziali (nella specie di vendita e di leasing finanziario nautico), e non un semplice inadempimento contrattuale.
Gli utilizzatori hanno rilevato, inoltre, che il commercio di un bene non commerciabile integri un’ipotesi di contratto avente un oggetto, non solo giuridicamente, ma anche materialmente impossibile, e a tale stregua senz’altro deve considerarsi un contratto nullo. La Corte di Cassazione ha ritenuto fondati e accoglibili i motivi sviluppati dagli utilizzatori.
La Corte ha, infatti, affermato e chiarito in primo luogo che le norme sui criteri di costruzione di una barca sono volte a garantire non già il mero interesse individuale della parte contrattuale, bensì l’interesse generale alla sicurezza della navigazione, tant’è che le caratteristiche costruttive in astratto per ogni tipo di imbarcazione vengono imposte per legge e, aggiungerei, sulla base di istruzioni degli enti di classifica.
Le norme che impongono che l’oggetto abbia determinate caratteristiche, anche a prescindere dal fatto che siano o meno pattuite, aggiunge la Corte di Cassazione, sono norme sulla validità dell’oggetto, sulla relativa liceità o possibilità giuridica, che non attengono al rapporto tra le parti, bensì alla natura giuridica del bene. In tal senso, un precedente della stessa Corte aveva già chiarito che la vendita di un immobile totalmente difforme dalle norme urbanistiche ed edilizie integra la nullità della vendita per illiceità dell’oggetto (Cass. 30703/ 2018).
La Corte di merito aveva anche negato che le vicende del contratto di vendita potessero nella specie ripercuotersi su quelle di finanziamento. Aveva al riguardo argomentato, da un lato, che non essendo gli odierni ricorrenti parti del contratto di vendita, non avevano invero diritti o azioni verso il compratore, escludendo, per giunta, che gli utilizzatori potessero considerarsi come consumatori, giacché nel contratto essi si erano definiti quali “armatori”.
La Corte di Cassazione ha, invero, evidenziato che la qualifica di “armatore” prescinde da quella di consumatore e che pertanto un armatore può essere considerato consumatore. Ha aggiunto, inoltre, che la qualifica di consumatore va invero verificata in capo all’acquirente, e non già in capo all’utilizzatore della nave che, in quanto tale, è armatore della medesima. Al di là di ciò, va osservato come la circostanza che il bene sia stato acquistato dal finanziatore non impedisce che la nozione di consumatore rilevi in ragione del collegamento sussistente tra la compravendita della nave e il contratto di relativa concessione in leasing, nonché tra la compravendita e il finanziamento.
È, infatti, principio di diritto affermato che “Il leasing finanziario non dà luogo ad un unico contratto trilaterale o plurilaterale ma realizza un’ipotesi di collegamento negoziale tra il contratto di leasing ed il contratto di fornitura, dalla società di leasing concluso allo scopo — noto al fornitore — di soddisfare l’interesse del futuro utilizzatore ad acquisire la disponibilità della cosa, il cui godimento rappresenta l’interesse che l’operazione negoziale è volta a realizzare, costituendone la causa concreta, con specifica ed autonoma rilevanza rispetto a quella — parziale — dei singoli contratti, dei quali connota la reciproca interdipendenza, sicché le vicende dell’uno si ripercuotono sull’altro, condizionandone la validità e l’efficacia nella pur persistente individualità propria di ciascun tipo negoziale, a tale stregua segnandone la distinzione con il negozio complesso e con il negozio misto” (Cass. 17145/2006).
In siffatto contesto, l’utilizzatore può agire direttamente per far valere i vizi della fornitura (Cass. 20825/2018; Cass. 13115/2017).
IL RUOLO DEL FINANZIATORE E DELL’UTILIZZATORE
Altro discorso è che l’utilizzatore non possa far valere le azioni contrattuali spettanti al finanziatore, sostituendosi in sostanza a costui (Cass. Sez. Un. 19785/2015) o ai rapporti tra il medesimo e le autorità amministrative quando, ad esempio, si voglia registrare il bene o cambiare bandiera, attività che non possono essere svolte se non dietro impulso e autorizzazione del proprietario.
Si tratta, a ben vedere, di due situazioni diverse, nella specie sovrapposte dai giudici di merito, come evidenzia la Corte di Cassazione: l’una presuppone un’azione dell’utilizzatore per un diritto proprio verso il fornitore, possibile anche se il fornitore non è controparte dell’utilizzatore, per via del collegamento tra i due contratti; l’altra è invece l’azione che l’utilizzatore intende proporre per far valere interessi del fornitore, sulla base del singolo contratto di compravendita, di cui non è parte.
Ciò detto, poiché il collegamento negoziale comporta che le vicende di un contratto si ripercuotono sull’altro, circostanza del tutto trascurata dai giudici di merito, nella specie la Cassazione ha chiarito un principio molto importante, ovvero che la nullità della vendita si ripercuote sul contratto di finanziamento, la cui declaratoria non può essere impedita dalla c.d. clausola di esonero prevista dal contratto di leasing.
La Cassazione ha pertanto cassato la decisione del giudice di merito con piena vittoria degli utilizzatori, che hanno ottenuto l’annullamento del contratto di leasing finanziario nautico con conseguente diritto a non riconoscere i canoni di leasing e a non onorare alcuna delle pattuizioni contrattuali.
La sentenza in commento offre diversi spunti di riflessione nonché chiarimenti che meritano attenzione da parte degli utilizzatori e delle società di leasing finanziario nautico, ponendo accento su principi nuovi.