Caputistudio: spazi in movimento
In questa intervista all’Arch. Gianluca Caputi di Caputistudio, esploriamo la sua visione unica dell’architettura, che integra interni ed esterni in un flusso continuo, senza distinzioni nette.
La sua filosofia progettuale si fonda sull’idea di creare spazi in cui la luce e lo sguardo scorrono liberamente, dando vita a un ambiente unico, armonioso e dinamico. L’architetto crede nel potere emotivo degli spazi, dove la tensione tra forme, colori e materiali diventa il motore di una “poesia architettonica” capace di coinvolgere profondamente l’ospite.
Con un approccio che evita il conflitto stilistico e promuove un dialogo fluido tra le diverse specializzazioni, Caputistudio si distingue per la sua capacità di creare architetture che emozionano e raccontano storie attraverso la forma.
Partiamo dall’inizio. Ci descrive il suo percorso personale e di studi?
Guardo le barche da sempre e da sempre le disegno. Mi ricordo gli anni dell’infanzia, riempire il vuoto del tempo lento dopo la fine della scuola a vagare per ore, curiosando tra i moli nelle interminabili estati alla fine degli anni Settanta sulle banchine di Porto Ercole. Ero affascinato dall’odore del teak, dagli specchi di poppa verticali in fasciame di mogano lucido con i caratteri in ottone dei nomi a rilievo delle barche ormeggiate. C’era tutta la nautica del tempo. Erano i Riva Aquarama, i Polaris dei Cantieri di Pisa, gli Ischia di Baglietto, i Sarima, gli X33’ e gli X44’ Italcraft. Il mondo era più piccolo, e un 18 metri sarebbe rimasto ancora per poco un “panfilo”. Cala Galera ancora non esisteva. O meglio, era ancora solo una spiaggia, il porto turistico lo stava costruendo il conte Lorenzo Bucci Casari, con cui collaborava mio padre, Valentino Caputi. Si erano conosciuti anni prima sulla rotta aerea transatlantica che collegava l’Italia e il Brasile. Erano gli anni d’oro del boom economico e tra italiani alla conquista di mercati lontani costruirono subito un’intesa e una stima reciproca che li portò a lavorare insieme anche in Italia.
Come nasce la passione per l’architettura e per la nautica?
La mia passione per l’architettura e la nautica è nata in modo naturale, immerso nell’ambiente che ho respirato fin da bambino. Durante gli studi alla Sapienza di Roma, ho avuto il privilegio di lavorare con i Cantieri Navali del Golfo, l’azienda fondata da mio padre agli inizi degli anni Ottanta, dove ho partecipato alla progettazione di motovedette per la Polizia e la Guardia di Finanza. Lì ho vissuto un’esperienza unica, dove il disegno si univa alla pratica in cantiere, imparando dai sapienti mastri d’ascia. Dopo la laurea, l’incontro con lo studio Petruccioli & Associati e il prof. Sergio Petruccioli è stato decisivo, portandomi a crescere professionalmente in progetti internazionali che mi hanno arricchito sia sul piano umano che professionale, con una continua ricerca dell’equilibrio tra architettura e nautica.
Qual è il lavoro che le ha dato maggiore soddisfazione a livello professionale e, invece, quello a cui è più legato a livello personale?
Indubbiamente l’esperienza professionale più appagante e completa, anche per la difficoltà dell’incarico e i risultati ottenuti, è stata con Italcraft, un’impresa che richiedeva non solo la progettazione, ma anche la sfida di rinnovare un’azienda chiusa da tempo. L’incarico è iniziato con uno studio approfondito dell’archivio storico e dell’identità del marchio, per poi sviluppare una nuova gamma di imbarcazioni che rispettasse i valori tradizionali di innovazione, prestazioni e qualità. Il progetto di rilancio ha incluso il lancio di nuovi modelli, come il Sarima 38’, X54 Ipanema, Drago 70’, e il Maxidrago 105’. Italcraft, grazie anche alla collaborazione con Renato “Sonny” Levi, è stata pioniera nella nautica moderna. Gustav Mahler sosteneva che “la tradizione è custodire il fuoco non adorare le ceneri”. In questo senso, in Italcraft abbiamo conservato lo spirito originale del marchio tramite il rilancio di tutti i suoi valori fondativi attraverso tanti nuovi modelli. La gestione culminò con la cessione dell’azienda al gruppo Rizzardi nel 2005, quando il marchio era pienamente risanato e apprezzato da clienti di prestigio.
Quando nasce “Caputistudio: The Augmented Design” e come si evolve?
Caputistudio nasce nel 2008, unendo esperienze professionali in ambiti diversi ma complementari, come architettura, interior design e yacht design. Lo studio, concepito come una realtà boutique, si distingue per un approccio creativo e rigoroso, sviluppando progetti “bespoke”, personalizzati in base alle esigenze del cliente, dallo sviluppo immobiliare al luxury real estate, dal retail allo yacht design. Caputistudio collabora con esperti del settore e fornisce una vasta gamma di servizi, dalla progettazione degli esterni e degli interni di yacht alla gestione della commessa e al refitting.
Nel 2016, Caputistudio sigla una partnership con Oniride srl, una start-up nel settore delle tecnologie 3D, realtà aumentata e virtuale, dando vita a VR4YD (Virtual Reality for Yacht Design), un’APP innovativa che porta la realtà virtuale nello yacht design. Questa tecnologia consente di esplorare la barca in modo immersivo, sia su PC che tramite visore VR, sostituendo i mock-up fisici e riducendo costi e tempi di progettazione. La piattaforma è scalabile e permette anche di configurare colori, materiali e arredi.
Ci racconta qualche progetto di yacht design che ha sviluppato con Caputistudio?
Il progetto YAK 95’, che introduce un approccio innovativo al concetto di navetta, combinando versatilità, prestazioni avanzate e design sofisticato. Definito come FASTEXPLORER, questo yacht unisce l’ispirazione delle spedizioni in luoghi remoti a una piattaforma navale performante, derivata da modelli collaudati come Italcraft Speedo Surfrunner 95’ e Corrubia della Guardia di Finanza.
Su questo 30 metri a due ponti è stata data una grande importanza alla permeabilità degli ambienti: grazie alle ampie vetrate scorrevoli, si passa dall’esterno all’interno senza soluzione di continuità, trasformando il salone in una grande veranda sul mare. Dotato di un sistema propulsivo misto con tre motori – due endotermici e uno ibrido-elettrico – permette una navigazione in modalità dislocamento per trasferimenti lunghi a 10 nodi con consumi ed emissioni minime, o in modalità planante, raggiungendo oltre 35 nodi.
Il layout include una suite armatoriale a tutto baglio, quattro cabine VIP con bagno privato e spazi dedicati all’equipaggio. Le linee esterne, ispirate all’architettura stealth, sono caratterizzate da un parabrezza contro inclinato e volumi vetrati che ricordano un diamante nero. Gli spazi esterni, distribuiti su Sky Deck e Main Deck, offrono un totale di 145 mq, inclusa una spiaggia di poppa estensibile tramite terrazze laterali.
Gli interni, di 200 mq, sono progettati secondo la filosofia “Augmented Design”, integrando funzionalità, bellezza e benessere per soddisfare le esigenze di mercato, che richiedono grandi volumi gestibili con equipaggi ridotti. Lo YAK 95’ rappresenta un equilibrio armonico tra design olistico e innovazione tecnologica, offrendo agli ospiti un’esperienza che coinvolge tutti i sensi.

Oltre all’esperienza in Caputistudio, lei è anche co-fondatore di SEANFINITY YACHTS. Cosa ci può dire di questo brand?
La mia collaborazione con Vincenzo Tuccio, già fondatore e proprietario di TS Drive s.r.l. azienda leader nel settore della progettazione e produzione di sistemi di propulsione con eliche di superficie, nasce da una amicizia vera e da una profonda stima professionale maturate nel 2006 in Italcraft, dove abbiamo collaborato alla realizzazione delle serie Drago Ultra e Maxidrago 105’, durante la gestione del gruppo Rizzardi.
Nel 2018 decidiamo di unire le nostre rispettive esperienze professionali fondando SEANFINITY YACHTS, per il quale ho studiato il nome, il marchio, l’immagine coordinata e il posizionamento. Ho inoltre disegnato una gamma completa di modelli di barche a motore e RIBs, composta da diverse linee di prodotto, come la serie “T” dedicata ai tender open, la “R” per i RIBs, la “Y” per le navette fast explorer, la “S” per gli open coupè e “DEFENDER” per i crossover. I valori fondanti del marchio sono Design, Fun, Technologies e Performaces. Il successo è stato immediato: siamo partiti nel 2018 vendendo sulla carta i primi tre esemplari del T4, due dei quali a clienti stranieri, posizionati in località molto importanti per la nautica: Ibiza e Miami. Dal prototipo a oggi abbiamo prodotto più di 24 esemplari tra i 10 e i 15 metri, tutti in autofinanziamento, con più dell’80% delle barche vendute all’estero.
Progetti futuri?
I nuovi progetti SEANFINITY in arrivo sono il GT55 e il T80, futura ammiraglia della serie “T”. Il primo, con 16,70 metri di lunghezza fuori tutto, è un’evoluzione del T5, presenta un layout innovativo con tuga protettiva e parabrezza avvolgente. Sottocoperta offre 3 cabine doppie, 2 bagni e prestazioni notevoli grazie a 2 motori Cummins Z13 da 800 HP, raggiungendo 38 nodi di crociera e 45 nodi di velocità massima. Sarà presentato nel 2025.
SEANFINITY T80, che invece misura 23,20 metri di lunghezza fuori tutto e 6,10 di larghezza, è caratterizzato da una piattaforma sportiva con linee minimali, terrazze apribili a poppa e spazio per 16 ospiti. Dispone di 4 cabine doppie, ciascuna con bagno, e area equipaggio. Con motori MAN (1.600 o 2.200 HP) e trasmissioni Top System, raggiunge fino a 48 nodi (57 nodi nella versione VHP con 3 motori da 2.200 HP). Entrambi i modelli combinano design distintivo e prestazioni elevate per esperienze in mare uniche.

Cosa vede nel futuro dello yacht design? Come sta cambiando la nautica sotto questo aspetto?
Il futuro dello yacht design sta cambiando sotto l’influenza di nuovi valori culturali e sociali, in particolare grazie alle nuove generazioni e alla diffusione della sharing economy. Per i giovani miliardari, il possesso di uno yacht va oltre l’ostentazione della ricchezza: è una forma di espressione personale e un mezzo per vivere un concetto di lusso più complesso, che valorizza esperienze, benessere, attenzione all’ambiente e cultura. Questa generazione, spesso molto ricca, privilegia l’esperienza rispetto al possesso e manifesta un crescente interesse per uno stile di vita esclusivo ma autentico.
Parallelamente, la sharing economy sta influenzando anche i grandi gruppi dell’hôtellerie, come Ritz-Carlton, Four Seasons e Accor, che stanno introducendo yacht-hotel di lusso per offrire crociere ed esperienze uniche. Queste imbarcazioni, pur di grandi dimensioni, puntano su un design più discreto e servizi esclusivi, in contrasto con le navi da crociera di massa. Questa tendenza si riflette anche nella ricerca estetica e tipologica che sta plasmando i grandi yacht di domani.
L’esperienza del Covid ha contribuito a ridefinire le priorità, mettendo in primo piano il tempo come risorsa preziosa. Gli yacht diventano simboli di isolamento volontario, “isole” in cui condividere momenti intimi con famiglia e amici, lontano dal mondo. In questo contesto, la tecnologia che realmente migliora la qualità della vita ha preso il posto del lusso tradizionale nell’immaginario contemporaneo, influenzando profondamente il modo in cui gli yacht vengono progettati per soddisfare queste nuove aspettative.
Quale consiglio darebbe a chi si vuole avvicinare a questo mondo e a questa professione?
Abbiamo la fortuna di vivere in un’epoca straordinaria che ha visto il passaggio tra l’analogico e il digitale. Dai racconti e dalla pratica dei maestri d’ascia, alla Realtà Virtuale e all’Intelligenza Artificiale che utilizziamo in Caputistudio per le nostre esplorazioni progettuali. Non esiste un percorso predeterminato che possa mixare così pratica e teoria, particolare e generale, analisi e sintesi. Ogni esperienza è personale, potenzialmente portatrice di conoscenze e difficilmente replicabile.
Il consiglio che mi sentirei di dare, oltre a quello di frequentare un corso universitario in architettura e design, è quello di viaggiare, andare all’estero e imparare bene l’inglese. Poi fare un periodo di lavoro in un cantiere navale, con una qualunque mansione. E andare per mare. Miscelare il coraggio di osare e la conoscenza delle regole di base, perché per rompere le regole bisogna prima conoscerle e saperle applicare correttamente. Per imparare a progettare una barca non c’è niente di meglio che viverci a bordo per un po’ di tempo, e anche l‘opportunità di imbarcarsi per l’estate come hostess o marinaio è un’esperienza di vita che può rivelarsi decisiva per conoscere banalmente come “funziona” una barca, e quali sono le esigenze di chi lavora a bordo, degli armatori e dei suoi ospiti.
In fondo si tratta di conoscere più a fondo la psicologia di quelli che saranno forse, un giorno, possibili futuri committenti.
CAPUTISTUDIO
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