Calamari a gogo: tutto quello che c’è da sapere per la pesca ai calamari
Dalle esche alle attrezzature, dalle tecniche alle ricette: tutto, ma veramente tutto quello che c’è da sapere per la pesca ai calamari.
Primo Piano
Nome scientifico: Loligo vulgaris vulgaris (Lamark, 1798).
Nome volgare: CALAMARO
Nomi volgari, vernacolari o stranieri: calamaro (ita), trufello (Marche), caamà, totano (Liguria), totano del riso (Veneto), coomon squid (Inglese), pota (Spagnolo), encornet (Francese), kalamari (Greco), gewohnlicher kalamar (Tedesco).
Caratteristiche: corpo cilindrico, allungato e slanciato, maggiormente nei maschi rispetto alle femmine. Ai lati si possono notare 2 pinne triangolari che ricoprono oltre metà del corpo. Gli occhi sono ben sviluppati. La bocca è circondata da 10 tentacoli, con 4 o più file di ventose. La colorazione varia dal rosso bruno al rosa azzurro. La penna risulta vitrea e trasparente, cornea e nei vecchi individui possono esserci due o più penne sovrapposte. Viene pescato sempre più spesso nel periodo pre-riproduttivo, quindi gli esemplari non superano oramai i 30 cm ma la specie può raggiungere il metro di lunghezza. Diffuso su fondali detritici e nelle praterie di posidonia.
Pesca commerciale: come vengono pescati i calamari
Il Calamaro viene pescato regolarmente durante tutto l’arco dell’anno con la Totanara (Latero) con le reti tremaglie e a circuizione. Gli ami della totanara vengono spesso riempito di straccetti bianchi che attirano il calamaro. La pesca con reti a strascico comporta il trauma dell’animale, riconoscibile da una patina azzurrognola a livello della sclera (occhi).
Diffusione: presente in tutto il Mar Mediterraneo, è diffuso anche nell’Atlantico dal Senegal alla Norvegia, sino alle Isole Faeroe.
Pesca sportiva: le tecniche per la pesca ai calamari
Due le tecniche principali, la pesca da fermo o lo scarroccio. La prima consiste nell’ancorarsi dove sappiamo per certo di trovare le prede; più facile ancora se si conoscono le coordinate geografiche, rilevate in precedenti pescate con l’utilizzo di GPS, in cui le catture sono state abbondanti. La seconda, invece, a scarroccio, ci permette di scorrere i fondali in balia della corrente, senza gettare nessuna ancora sul fondo. Se la corrente è forte si può ridurre il movimento della barca con un’ancora a pallone in mare o un secchio legato ad una corda e gettato in acqua. Ci si posizionerà su batimetrie dai 10 ai 30 metri su fondali rocciosi, su bordi delle secche o dove può stazionare la mangianza dei calamari costituita da piccoli pesci e in misura minore da crostacei, molluschi e policheti.
Si procederà quindi a far affondare le esche fino a che non si sentirà il piombo toccare, dopodiché si procederà ad un’azione di spinning per la risalita dell’esca. Bisognerà applicare degli strattoni molto delicati in modo da imprimere un movimento “veritiero” all’esca. Il calamaro, riconoscendolo come preda, si attaccherà all’esca rimanendo tradito dagli ami che circondano la base. Nel momento in cui la nostra preda verrà allamata bisognerà procedere a un recupero veloce.
Le attrezzature per la pesca ai calamari
Per praticare questa pesca sono da preferire canne corte dal vettino molto sensibile, in modo da poter agitare in acqua la nostra esca finta.
In bobina nel mulinello ci sarà del filo dello spessore di 0,18-0,20 mm molto elastico. Le esche utilizzate sono le totanare, che nel tempo si sono evolute cambiando peso, forma e colore.
Sono lenze che portano legato un cestello di ami senza barbe detto “traditore”, fissato a una lunga barretta in metallo cui in passato si legava un pezzo di pesce salato. Adesso questa barretta ha preso le sembianze di un crostaceo o di un pesce, che viene avvicinato a una fonte luminosa prima di essere “calato” in acqua in modo da divenire fosforescente e quindi essere più riconoscibile.
Le totanare possono essere piombate, oppure il piombo può essere inserito al termine del calamento.
Al mercato: come riconoscere un buon calamaro
Durante la pesca, se il trauma è stato particolarmente violento, la tasca del nero cede e l’animale si presenta sui mercati ittici ancora sporco. Il colore azzurro, che a volte può diffondersi al resto del corpo, deriva dalla fuoriuscita di emocianina (sangue) che per ossidazione diviene azzurra. I processi degradativi di animali traumatizzati sono ovviamente accelerati e sono sempre i primi ad essere messi in vendita.
Il prodotto decongelato è facilmente riconoscibile, le carni, infatti, si presentano di un bianco sporco; mentre quelle fresche sono di un colore roseo e quasi trasparente.
Ricetta: calamari ripieni
Ingredienti: quattro calamari da 200 g circa, 100 g di mollica di pane, 2 spicchi di aglio, prezzemolo, capperi, olive nere, olio extra vergine d’oliva, sale e pepe.
Pulite i calamari, bagnate la mollica di pane con un po’ d’acqua e aggiungete le teste dei calamari finemente tritate amalgamandole con olio sale e pepe. Aggiungete un trito d’aglio e prezzemolo con i capperi e le olive tagliate a rondelle. Mescolate il tutto e riempite i calamari con il composto, fissate degli stecchini all’estremità per non perdere il ripieno. Cuocere alla griglia spennellando con olio, pepe e origano sino alla cottura.
Profilo Nutrizionale
g/100 g di parte edibile fresca Grammi
Parte edibile 65%
Acqua 80.6
Proteine 12.8
Lipidi 1.8
Carboidrati 65.6
Fosforo 189 mg
Calcio 144 mg
Nitriti 3-4.5 ppm
Nitarti 30.4-52.3 ppm
Scarto circa 35%