Pesca responsabile, tra legge e coscienza. Quando il metro non basta
Questo mese tocchiamo un argomento alquanto importante, che ha a che fare con due elementi fondamentali per il pescatore: da un lato le leggi e i regolamenti che disciplinano la pesca sportiva, dall’altro la coscienza.
Cominciamo a differenziare i due aspetti. Se da un lato le leggi ci danno delle indicazioni e/o ci vincolano in termini di quantità di pesce pescabile, di misure minime da rispettare e di autorizzazioni per particolari specie di pesci in via di estinzione, dall’altro la nostra coscienza dovrebbe sempre indurci a proteggere una risorsa importante come il mare e tutto ciò che esso ospita. Se il pescatore sportivo agisse sempre tenendo ben presenti questi due aspetti, si potrebbe arrivare ad uno sfruttamento sostenibile del mare.
Tuttavia, a causa di alcuni luoghi comuni, le responsabilità dei pescatori sportivi vengono spesso minimizzate e la colpa della diminuzione del pesce nei nostri mari finisce per ricadere solo sui pescatori professionali. In realtà, tutti gli utenti del mare – sia chi ci si approccia per divertimento, sia chi ci si approccia per mestiere – hanno il dovere di applicare le leggi ed i regolamenti e di avere, allo stesso tempo, coscienza delle proprie responsabilità.
Un altro aspetto purtroppo sottovalutato è la conoscenza della natura e delle sue leggi. Se chi pesca anche per diletto fosse più informato sulle specie e sulle abitudini dei pesci, causerebbe senza dubbio meno danni al nostro mare. Certo, non si può imporre a chi va a pesca di studiare un manuale, ma di fatto l’ideale sarebbe che tutti sapessimo adoperare le risorse del nostro territorio rispettando sia la natura sia le leggi.
Entriamo nello specifico delle leggi che regolano la pesca sportiva in mare.
Una licenza per pescare a mare al momento non esiste. Esiste, però, una tabella delle misure minime delle specie di pesce che si possono pescare.
Questa tabella indica misure in centimetri e, in alcuni casi, il peso minimo. Per alcune di queste specie, la taglia minima pescabile è piuttosto piccola ed è proprio qui che dovrebbe entrare in gioco la coscienza del pescatore. Per esempio, la ricciola, stando alla tabella, è pescabile già dalla misura di 35 cm; la cernia, allo stesso modo, è pescabile sin dalla misura di 45 cm. Sarebbe bene, invece, ignorare le indicazioni della normativa e non pescare affatto ricciole e cernie di tali dimensioni, poiché crescendo arriverebbero a pesare anche decine e decine di chili.
Leggi e coscienza dovrebbero dunque andare di pari passo.
Per quanto concerne alcune specie di pesci che, come dicevamo, sono considerate da proteggere, esistono da alcuni anni alcune normative che regolano – oltre che la misura minima – il tipo di attrezzature da utilizzare, il periodo di pesca e anche le modalità di comunicazione degli esemplari catturati. Attualmente, le specie per cui vale questa normativa sono pesce spada e tonno rosso. Per la pesca di questi ultimi, bisogna richiedere il permesso per il mezzo utilizzato e rispettare le norme in tema di taglia minima, numero di esemplari, periodo di pesca e comunicazioni relative alle catture. Qui la coscienza entra poco.
Un ultimo aspetto delle leggi in materia di pesca sportiva è il quantitativo massimo pescabile da ciascun pescatore a giornata, pari a 5 kg a meno che non si peschi un pesce singolo di taglia maggiore. Allora questo punto dovrebbe di nuovo entrare in gioco la coscienza. Non conosco NESSUN pescatore, che in una giornata propizia rispetti tale regola. Chi è innocente scagli la prima pietra! Me compreso. Questo ci deve far ragionare. Forse sono troppo pochi 5 kg al giorno oppure siamo troppo ingordi noi pescatori. Ai posteri l’ardua sentenza.
L’importante è, oltre che cercare di rispettare tutte le regole, di essere responsabili. Questa è la pesca responsabile. Provare per credere!