Inverno da bolentino: attrezzature, esche ed errori da evitare
Durante l’inverno, in molte località italiane che si affacciano sul mare, chi va a pesca sa che si deve accontentare perché, a parte qualche spot capace di far brillare gli occhi, le catture in questa stagione dell’anno faticano a vedere grandi e interessanti prede. Ed è proprio nei momenti di magra che i più incalliti provano le strategie più disparate per tentare la cattura da sogno, ma, ahimè, salvo le così dette botte di… fortuna astronomiche, in questo periodo è davvero difficile portare a casa un bel pesce da mangiare. Però, per chi non si fa intimorire da gelide e ventose mattinate, il bolentino costiero o di medio fondale può essere d’aiuto e garantire quantomeno un’ottima cena.
Il bolentino è una tecnica tanto semplice quanto redditizia e solitamente è “il battesimo del mare” per chi si avvicina alla pesca dalla barca: è dinamico e divertente, anche se spesso la dimensione delle catture non è esagerata.
BOLENTINO: L’ATTREZZATURA
Per praticarlo occorre avere una canna dedicata; oggi in commercio si possono trovare tantissimi modelli che possono fare al caso nostro, sotto l’aspetto sia della qualità che del prezzo di acquisto. Una volta scelta la canna (consiglio a tutti, anche ai neofiti, di non scendere al di sotto dei due metri e mezzo), si dovrà optare per un mulinello di misura adeguata, che non dovrà essere troppo piccolo, perché in tal caso potrebbe non avere la forza necessaria al recupero e non contenere la quantità di filo necessario ad arrivare sul fondo; al tempo stesso, non dovrà essere troppo sovradimensionato, in quanto andrebbe a sbilanciare la canna e quindi a indurci a pescare nel modo errato.
Anche il filo andrà scelto in base ai nostri spot: se ci dedicheremo a sessioni di pesca su fondale sabbioso/fangoso fino ai 30 metri di fondo, si potrà optare per il nylon, anche se oggi la quasi totalità dei pescatori da barca lo ha abbandonato per scegliere il trecciato.
NYLON O TRECCIATO?
Ma che differenza c’è tra nylon e trecciato? Innanzitutto il nylon, rispetto al trecciato, è sicuramente meno visibile in acqua (avendo un colore più neutro) e, a contatto con il fondo, presenta una resistenza maggiore all’abrasione.
E allora perché tutti scelgono il trecciato? Per un motivo tanto semplice quanto importantissimo: il trecciato, o cordino intrecciato (perché trattasi di fili intrecciati a due o più capi: nei fili più performanti si arriva ad avere addirittura 12 capi intrecciati tra loro), non avendo elasticità a differenza del nylon, permette di percepire meglio anche le mangiate più timide e di far arrivare con estrema precisione la forza della ferrata direttamente sull’amo e in bocca al pesce, consentendo così di perdere meno allamate rispetto al nylon.
Di contro, però, non potendo contare sul potere elasticizzante del nylon, si dovrà stare più attenti alle fughe del pesce, andando a lavorare bene con la canna e regolando a dovere la frizione. Per far fronte, invece, al problema della veloce abrasione del trecciato a contatto con il fondo, si è soliti usare lo “shock leader” in fluorocarbon, una sorta di nylon con meno elasticità e invisibile in acqua che, oltre a dare quel margine di sicurezza in più in caso un pesce dovesse rintanarsi, garantirebbe quella poca elasticità utile a correggere eventuali errori del pescatore in fase di recupero.
I metri di shock leader da aggiungere al trecciato prima del terminale sono variabili e vanno calcolati in funzione di diversi fattori, come lo spot e la profondità di pesca. Se ad esempio ci troviamo a pescare su un fondale fangoso di circa 30 metri, basteranno 5 metri di fluorocarbon, ma se ci dovessimo trovare a pescare su roccia o relitto, allora un minimo di 10 metri di shock leader sarà indispensabile per evitare il contatto del trecciato con il fondo o sulle lamiere del relitto.
BOLENTINO: GLI ERRORI DA EVITARE
Cosa si intende per errato recupero?
Nella mia esperienza di Guida Internazionale di pesca IGFA, ho portato tantissimi appassionati a pescare con varie tecniche, ma se dovessi fare un bilancio direi che la maggior parte dei pescatori voleva pescare a bolentino e per diversi fattori. Andando a traina o drifting, o meglio, cercando di selezionare la preda, il rischio di tornare a casa a mani vuote è molto alto e per questo tanti pescatori optano per una pesca più facile e dinamica come il bolentino.
Infatti, con questa tecnica si ha la canna sempre in mano, si recupera diverse volte per controllare e cambiare l’esca, e le catture, come dicevamo, sono molto più facili, anche se spesso di piccola o media taglia. Ma se la tecnica risulta abbastanza semplice, bisogna anche considerare che un recupero non eseguito a regola d’arte potrebbe compromettere l’azione di pesca, con la conseguente rottura del terminale o, nella migliore delle ipotesi, con il pesce che si slama per la forte trazione esercitata dal pescatore nella fretta di recuperare la preda.
Ma allora come effettuare il recupero?
Bisogna innanzitutto conoscere la potenza e i limiti della propria canna da pesca perché, per quanto i nuovi modelli siano davvero un altro pianeta rispetto alle attrezzature di 30-40 anni fa, potrebbero comunque spezzarsi; ad esempio, quando si recupera molto velocemente e si alza la canna quasi in verticale: da evitare assolutamente. Voler recuperare velocemente a tutti i costi è, infatti, un grande errore: ci sono dei momenti in cui è possibile recuperare e altri in cui, tenendo la canna orizzontale, si gode del suono del cicalino della frizione e delle testate del pesce che, sul vettino della canna, si possono vedere chiaramente. Questo avviene quando il pesce sta lottando per riguadagnare il fondo, quindi è corretto non forzarlo troppo e assecondare queste fughe giocando di polso e di frizione. Frizione, ovviamente, da usare con parsimonia se stiamo pescando su relitto, ma questo merita un articolo a parte.
Se avremo mantenuto un corretto approccio al recupero della preda e tutta la parte pescante non avrà avuto problemi, non sarà difficile il recupero di un pesce, anche di belle dimensioni, da portare al guadino.
Un altro sbaglio da non commettere nella fase terminale del recupero è quello di avvolgere troppa lenza, di modo che, una volta sollevata la canna per avvicinare il pesce, non è possibile prenderlo perché troppo alto. Questa pratica, oltre a far perdere il pesce allamato, potrebbe far saltare l’anello del cimino o, se la frizione non è ben tarata, romperlo del tutto, a causa della girella con moschettone che entra nel primo anello e, bloccandosi, costringe la vetta a una piega innaturale fino a spezzarla. Tutti accorgimenti che, con il tempo e l’esperienza, acquisirete nel vostro bagaglio di conoscenze su questa meravigliosa tecnica.
LE ESCHE
Capitolo a parte meritano le esche. Premettendo che in ogni parte d’Italia si utilizzano esche anche molto diverse, nel nostro mare spesso si usa il gamberetto di paranza, che risulta perfetto per quasi tutti i pesci: dal pagello fragolino all’orata, passando per le musdee e le razze o i saraghi. Un’esca un po’ per tutte le occasioni, ma sicuramente non l’unica apprezzata nel bolentino.
Tra la vasta gamma disponibile, non dobbiamo dimenticare che i vermi vivi come il muriddu, il coreano, il bibi o l’americano sono molto attrattivi per i grufolatori di fondo, mentre la strisciolina di calamaro, il gambero intero, la cozza o il granchio funzionano molto bene per le orate, ma c’è anche chi, coraggiosamente, tenta l’innesco di esche intere come l’acciuga, la sardina, il totano o pesci per tentare la cattura di taglia XXL.
Sono tutte esche molto valide che, in base allo spot, possono regalare davvero forti emozioni. Poi esistono quelle “non convenzionali”, ovvero quelle che non penseresti mai di utilizzare come esca. Parlo ad esempio del filetto di petto di pollo. Ammetto di aver sorriso la prima volta in cui l’ho visto usare, ma dopo alcuni minuti mi sono affrettato a provarlo anche io e ne ho apprezzato subito la grande capacità di attirare i pagelli fragolini in quantità. Il perché? Ancora non lo so, ma ho immaginato che il suo gusto e la sua consistenza potessero ricordare la carne del gambero, rendendolo così molto invitante.
E il tentacolo di polpo scottato sulla piastra lo avete mai assaggiato… pardon… innescato? Perché anche in questo caso ho visto mirabolanti catture di grandi pesci (e parlo di grosse orate e super spigole) innescando un qualcosa che di solito si gusta in tavola per il suo sapore sopraffino. Apprezzamento che evidentemente hanno anche i pesci del nostro mare.