Intervista a Gennaro Amato, Presidente AFINA
Durante il 51° Nauticsud, abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Gennaro Amato, Presidente di AFINA, Associazione Filiera Nazionale della Nautica.
Gennaro Amato ha sottolineato l’importanza dei saloni nautici organizzati in tutto il Paese, evidenziando come questi eventi creino una rete capace di coprire l’intera penisola, da nord a sud. Il Nauticsud, in particolare, rappresenta un momento cruciale per il settore, avendo recentemente celebrato i 50 anni di attività.
Gennaro Amato ha affrontato anche temi caldi, come la gestione delle aree marine protette, la sicurezza in mare, le nuove normative sulle patenti nautiche e le criticità legate alla carenza di ormeggi, un problema che sta mettendo in difficoltà molti appassionati del mare.
Vorremmo affrontare insieme a lei alcune tematiche toccate quest’anno durante la presentazione del 51° Nauticsud. Cosa può dirci delle aree marine protette?
Per quanto riguarda le aree marine protette, non solo siamo favorevoli, ma le riteniamo fondamentali. Questo però non dovrebbe escludere la possibilità per l’utente nautico di avere un campo boa per poter ormeggiare. Perché vietare l’accesso a un’area marina protetta non significa poi impedirne la fruizione, specialmente per chi ha barche piccole e si vede negata la possibilità di godere del mare nel modo più spontaneo possibile. Quindi sì, c’è bisogno delle aree marine protette, ma anche dei campi boa, soprattutto nella zona del Regno di Nettuno.
Qui sembra quasi che la Posidonia venga comprata a chili: se paghi il permesso puoi buttare l’ancora, se non paghi non puoi buttarla. C’è una negligenza anche da parte dei Comuni, che non hanno ancora provveduto a installare il campo boa. Questo permetterebbe di ottenere sia il permesso da parte del Regno di Nettuno, sia la possibilità di usufruire dell’area senza danneggiare il fondale marino.

Tocchiamo un altro tema a lei molto caro: la sicurezza in mare.
Siamo molto attenti alla sicurezza in mare, anche perché ogni uscita dovrebbe essere un’esperienza rilassante. Le nuove leggi, però, ci danno un po’ da pensare. Infatti, con l’introduzione del patentino nautico D1, un ragazzo di 16 anni ha la possibilità di condurre un’imbarcazione fino a 115 cavalli. Questo equivale a dare un revolver in mano a un adolescente, che potrebbe usarlo con molta incoscienza. Ritengo che la patente vada assolutamente rilasciata, anche un Patentino, ma bisogna almeno raggiungere i 18 anni per guidare un mezzo così veloce. Basti pensare che un comune gommone di 6 metri con un 40/70 cavalli raggiunge i 25-26 nodi di velocità; lo stesso, con 115 cavalli, arriva a 35-36 nodi. Stiamo parlando quindi di velocità abbastanza pericolose anche per chi è esperto, figuriamoci per un giovane ragazzo senza esperienza in mare.
In questo modo, secondo me, si favorisce una parte dei fruitori del mare, ma non l’utenza nautica nel suo complesso. Non penso che a 16 anni ci si possa permettere un gommone con un 115 cavalli, perché parliamo di una cifra che ruota intorno ai 50.000 euro. Chi può comprare questa tipologia di barca è solo chi ha una buona solidità economica, poiché oltre la spesa iniziale vanno considerati i costi di mantenimento.
Di conseguenza, si va a favorire il charter, che viene reso disponibile a persone probabilmente prive di quella conoscenza necessaria per andar per mare o condurre un’imbarcazione. Guidare una barca è totalmente diverso dal guidare un’auto: il mare è molto grande e nasconde tante insidie, è come un’autostrada piena di buche.
Una battaglia che AFINA sta combattendo da diverso tempo è la carenza di ormeggi, una delle principali criticità del settore. Cosa ci può dire?
La crisi che sta attraversando il settore nautico, al di là di quella economica, purtroppo è dovuta anche alla questione dell’ormeggio. Prima stavo parlando con un mio cliente che ha cambiato la barca da un 31 a un 33 piedi, quindi parliamo di 20 centimetri in più di larghezza e 60 centimetri in più di lunghezza. L’ormeggiatore gli ha negato il posto barca. Gli ho dovuto trovare io un altro posto barca, perché altrimenti non sapeva dove ormeggiare l’imbarcazione che aveva appena comprato.
Questo è un problema enorme. È come se lei, a un certo punto, andasse a chiudere le autostrade a tutti i possessori di auto. Nel settore automobilistico, prima si pensa alla viabilità e poi al parcheggio. In mare, invece, è diverso: se non hai l’ormeggio, non puoi navigare.
Negli anni, le marine esistenti si sono riempite e non se ne sono costruite di nuove. Quindi si è continuato a produrre barche, ma i posti barca sono sempre gli stessi. Faccio un esempio: a Napoli non si costruisce una marina da circa 60-70 anni, perché l’ultima, Mergellina, è stata realizzata negli anni Cinquanta. In più, per trovare un marina che si possa chiamare tale, a Napoli, bisogna andare in provincia, a Castellammare, altri non ce ne sono.
Viviamo con sessanta anni di ritardo rispetto alla crescita del settore. Nel 1960, quando ero piccolino, c’erano 10-12 barche nella marina di Mergellina, oggi ce ne sono 600 e la domanda supera di gran lunga l’offerta. Se solo a Mergellina si aggiungessero 400-500 posti barca, potremmo tirare un sospiro di sollievo e fare un piccolo passo in avanti.
Ovviamente non basterebbe: andrebbero costruite marine anche nella zona ovest, verso Nisida, Pozzuoli o Baia, oppure verso Santa Lucia, San Giovanni e via dicendo. Il problema è che noi siamo gli unici a denunciare questa situazione. Dovrebbe avere rilevanza anche dal punto di vista mediatico, ma così non è.
Le marine, poi, danno un senso anche all’interscambio del turismo nautico. Chi possiede una barca preferisce fermarsi sulla costa, dove ha un sito da visitare. Ad esempio, fermarsi qui e visitare Napoli è una scelta che fanno in molti, perché la città ha molto da offrire, è ricca di storia e angoli da scoprire, non come a Ischia o a Capri, che sono piccole isole e si visitano in due giorni.
Ci può dire due parole sul sistema rete e sul ritorno del Salone Internazionale di Roma?
Con i nostri quattro saloni copriamo tutta l’Italia. Organizziamo tre saloni indoor – il Nauticsud, il Salone Nautico Internazionale di Bologna e quello di Roma – e un salone in acqua, il Navigare.
Il primo salone dell’anno è proprio il Nauticsud, che inaugura la stagione dei saloni in Italia ed è quindi un appuntamento di grande rilievo. Abbiamo raggiunto quest’anno la 51ª edizione, dopo aver festeggiato il mezzo secolo di attività nel 2024, con gli Stati Generali del Mare.
Quest’anno, con gli ospiti – il Ministro del Turismo, Daniela Santanchè, e il Capo Dipartimento del Ministero della Protezione Civile e delle Politiche del Mare, ammiraglio Pierpaolo Ribuffo – abbiamo affrontato diversi temi, coinvolgendo anche il pubblico, che ha voluto porre alcune domande. Del ritorno del Salone Nautico Internazionale di Roma, siamo molto soddisfatti: è andato oltre le nostre aspettative. Credo che l’anno prossimo dovremo aggiungere anche un terzo padiglione per accogliere la crescente richiesta di espositori.
A Bologna, invece, siamo partiti durante il Covid, ragion per cui non abbiamo avuto la possibilità di essere vincenti. Ma non potevamo rinunciare, perché quando l’abbiamo organizzato, nel 2020, eravamo liberi, senza restrizioni. Le persone, però, erano ancora psicologicamente frenate dai quattro mesi precedenti di chiusura: anche chi poteva uscire, aveva paura. Bologna ha un grande vantaggio su tutti gli altri saloni: il tasso di conversione dei visitatori in acquirenti. Al Nauticsud su 10 visitatori, solo 2 sono reali compratori; a Bologna si raggiunge il 50%. Per questo, nonostante le dimensioni limitate, gli espositori vogliono tornare ogni anno.

Quali sono le date dei prossimi saloni?
Il salone di Bologna sarà a ottobre, dal 18 al 26; il Navigare a novembre, dall’8 al 16, mentre il salone di Roma sarà a dicembre, dal 6 al 14. Per il Nauticsud, invece, ci rivediamo dal 7 al 15 febbraio 2026.
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