Altura nostrana, i tonni dalle “lunghe ali”: a pesca di alalunghe
Quando si dice altura vengono subito in mente combattimenti in alto mare con rostrati da decine e decine di chili, anzi di libbre. La traina d’altura con pesci come marlin blu, striati, neri e pesci vela, oppure la traina con grossi artificiali alla ricerca di grossi tunnidi di vario genere, è quella che si è soliti fare nelle acque degli oceani, Atlantico, Pacifico ed Indiano.
Ai più fortunati pescatori capita almeno una volta nella vita di avere un’esperienza di questo tipo e solitamente queste battute di pesca diventano ricordi indelebili. Il nostro Mediterraneo, in particolare il Tirreno, rende possibile questo tipo di pesca in quanto la conformazione dei fondali è abbastanza adatta. Ovviamente le prede sono diverse, ma altrettanto divertenti e di soddisfazione se combattute con le giuste attrezzature.
Una volta di questa tecnica ne facevano da padroni i tonni rossi di branco.
Con le normative di questi ultimi anni, che hanno giustamente protetto la specie vietandone la catture di esemplari al di sotto dei 30 kg, di fatto ne ha reso inutile la ricerca e quindi quando ci si imbatte in un branco si fa meglio a tirare su le lenze oppure si devono gestire i rilasci che non sono sempre facilissimi. Fortunatamente le prede pescabili con queste tecniche sono anche altre. Grosse Lampughe, Aguglie imperiali, pesci spada e Alalunghe sono le prede che se cercate nei giusti periodi dell’anno e sulle giuste batimetriche possono darci grandi soddisfazioni. Concentriamoci sulla pesca alle alalunghe.
L’alalunga è un tunnide (in inglese/americano viene chiamato Albacore, in italiano è anche detto Tonno Bianco) il cui nome è dovuto dalla tipicità della pinna laterale che è particolarmente lunga. L’occhio dell’alalunga è molto più grande del cugino tonno rosso e le carni sono più bianche. Visto fuori dall’acqua è una specie di “missile”, una macchina da corsa ed in acqua raggiunge velocità pazzesche. Si sposta in branchi numerosissimi molto velocemente a caccia di sgombri, alici sarde e anche palamite. Le mangianze di solito sono molto estese e veloci. Un sogno per noi pescatori incontrarne uno. Normalmente affiorano e mangiano dove il fondale marino è minimo di 400/500 metri e dove ci sono salti o dislivelli di fondale. Si pescano in alture che non vuol dire solo lontano dalla costa (normalmente i 500 metri distano qualche miglio dalla costa) ma anche l’altura o la cosiddetta mezza altura è il nome delle tecnica con cui si insidiano.
A prescindere dal libraggio dell’attrezzatura (canne mulinelli e monofili) che andremo ad usare l’importante è l’assetto di pesca.
L’altura si effettua con il maggior numero possibile di esche in acqua perché lo scopo è quello di simulare una mangianza di pesci nella scia della barca. Minimo 4/5 massimo 9/11 canne, a seconda di quello che il nostro “mezzo galleggiante” ci permette di fare.
In questa tecnica, più che in ogni altra, la barca è fondamentale, sia perché dovremo affrontare il mare aperto sia perché dovrà essere sufficientemente adatta a gestire contemporaneamente tante canne in acqua. La tipica barca da altura è il classico Fisherman americano, dotato di Flybridge o Tuna Tower, pozzetto largo, almeno 5/7 portacanne a murata e due o tre divergenti.
I divergenti sono uno di quegli accessori indispensabili poiché ci permetteranno anche su barche non enormi di filare in acqua molta canne lateralmente senza che si sovrappongano e che possano navigare trainate anche dall’alto.
Alcune delle esche che si usano, infatti, sono esche di superficie, ovvero che viaggiano in acqua sul pelo o subito sotto la superficie e quindi nuotano molto meglio se trainate un po’ dall’alto rispetto alla superficie stessa. Oltre alle esche di superficie, che sono di varie forme e grandezze, ci sono anche i classici minnows, con grosse palette di plastica per farli affondare il più possibile e farli navigare correttamente a velocità che nei nostri mari di solito non superano i 9 Nodi. La traina d’altura o la mezza altura alle alalunghe si fa, infatti, ad una velocità variabile tra i 5/6 e i 9 nodi.
Le esche si differenziano in quelle di superficie e di profondità. Le prime saranno del tipo Kona, jet, octupus o siliconiche di vario genere che simulino prevalentemente cefalopodi o pescetti di branco.
Il tipo affondante deve avere una paletta di plastica di generose dimensioni che gli permetta di navigare anche a velocità sostenute. A questo riguardo ho notato che molte di queste esche nuotano male e saltano fuori dall’acqua quando si superano i 6 nodi. In questo caso ci sono due possibilità: cambiare esca e sceglierne una che nuota bene anche a velocità sostenuta o privarla dei due ancorotti di cui normalmente sono dotate e mettere un amo singolo (magari circle hook se si intende fare rilasci) solo sull’anello posteriore. Per far stare l’amo in posizione corretta normalmente si usa attaccare all’occhiello dell’anello due SPLIT RINGS (anelli aperti) così che l’amo sia con la punta rivolta verso l’alto longitudinalmente all’esca stessa.
Altro trucco per farle lavorare correttamente e magari anche un po’ più a fondo consiste nell’utilizzo di un affondatore che può essere utilizzato con un grosso stim (bat commander è un tipo comune) che permette l’utilizzo dell’affondatore fino a 7 nodi. Con questo sistema si potrà far viaggiare le esche molto più a fondo di quanto scendono da sole e a volte, quando il pesce non “aggalla” a mangiare può risultare l’arma davvero vincente per evitare il cappotto. Le attrezzature da usare sono le seguenti: canne abbinate a mulinelli rotanti entrambe da 20 lb, caricati sempre con monofili (mai multifiibre per la traina d’altura) elastici e resistenti anche da 30 lb, terminale di fluorcarbon dalle 50 lb fino ad un massimo di 80 lb. Io uso fare i terminale di fluorcarbon di 6/10 metri e poi con le esche galleggianti faccio un terminale di un metro e mezzo di libraggio superiore, invece, i minnow li collego la batimetrica è una linea del fondale che unisce punti con uguale profondità direttamente al fluor carbon con un buon nodo tipo rapala. Consiglio di evitare la girella sui minnow che già sono difficili da fa nuotare bene a velocità, quindi meglio non “disturbarli” con grosse girelle moschettonate!
Oltre alle esche, potranno essere messe in acqua anche (ammesso che si abbia spazio nello specchio di poppa) alcune diavolerie chiamate teaser (letteralmente “richiamo”). Ne esistono di varie forme, ma le migliori sono quelle costituite da una barra di metallo a cui sono legati numerosi spezzoni di monofilo a cui sono legati grossi pesci siliconici o calamari sempre di silicone. I teaser devono essere messi vicino alla poppa (7/10 metri distanti al massimo dallo specchio di poppa) e centralmente in modo da non dar fastidio alle altre esche.
Altri teaser sono i cosiddetti aeroplani o birds che si interpongono ad un paio di metri dalle esche laterali galleggianti. Quelli di generose dimensioni e resistenti con anima di metallo fanno al caso nostro per questa pesca.
Caliamo le esche. Si comincia da quelle più lontane che si calano lateralmente, se si può sui divergenti. A che distanza?
Ecco, l’aspetto della distanza delle esche rappresenta il vero punto di forza di questa pesca. Intanto è bene avere sulle canne un buon contametri (Ryobi ne fa uno buono anche se caruccio) che si possa mettere e levare sul fusto della canna. Le laterali io di solito comincio a calarle a 50/60 metri dalla barca.
Ovviamente è bene che siano simmetriche per simulare il più possibile un branchetto di pesci che di solito nuotano in formazione (a freccia per così dire).
Quindi le più esterne a 50/60 poi due a 30/35 la due con i minnow affondanti molto vicine alle barca ovvero 10/15 metri massimo (devono nuotare nelle bolle prodotte dalle eliche).
Volendo si può mettere (se si ha spazio) una canna centrale molto a lungo (100/150 metri dalla poppa) che sarà adatta ad insediare eventuali rostrati che passano in zona (aguglie imperiali e pesci spada).
I rostrati, infatti, sono spaventati dal rumore delle imbarcazioni e difficilmente verranno a mangiare le esche vicino alle eliche (a volte invece lo fanno e come al solito le regole della pesca si dimostrano sempre confutabilissime!).
Quando parte una canna e se ne hanno molte altre in acqua bisognerà procedere come segue: non toccare la canna con il pesce in quanto se la frizione è tarata bene (si ricorda la regola del 30% del carico di rottura del filo come taratura vale sempre ed anche in questo caso ed è bene farlo prima di iniziare a pescare su tutti i mulinelli), il pesce si deve stancare da solo e quindi la sua corsa si fermerà.
Poi diminuire al minimo (mai a folle) la velocità della barca avendo cura che qualcuno stia al timone e vi aiuti nell’assecondare il pesce. Tirare su tutte le altre canne che saranno di intralcio al recupero del pesce. Ricordate di fare il contrario di quello che avete fatto per filarle. Quando si cala si comincia da quelle lontane, quando si recupera si comincia da quelle vicine (così non si fanno parrucche). E poi si comincia a pompare il pesce. Se abbiamo fortuna di imbatterci nel branco giusto si possono recuperare numerosi esemplari di varie taglie fino ai 12/13 chili. Sono pesci molto combattivi e vi daranno filo da torcere sopratutto se userete le 20 libbre che sono robuste ma flessibili e sportive. Con le trenta libbre farete molta meno fatica ma il pesce si farà sentire lo stesso anche se di ridotte dimensioni. Ricordate i limiti di legge e provate ogni tanto a liberare qualche pesce anche se di buona taglia se magari già ne avete in barca per la cena e se vedete che non ha sofferto troppo nel combattimento. Vi assicuro che è di grande soddisfazione il rilascio, tanto quanto la meritata cena. L’alalunga è, infatti, buonissima in cucina e si presta a numerose ricette.
Primo Piano
L’alalunga o alalonga (Thunnus alalunga) è della Famiglia Scombridae.
È molto simile al tonno rosso; la differenza più evidente sta nelle pinne pettorali che si prolungano fino alla pinna anale; inoltre l’occhio è più grande. La forma generale è a “barile”, meno slanciata rispetto al più grande parente. La prima pinna dorsale ha quattordici raggi, la seconda tre duri e quattordici molli, la pinna ventrale tra uno e cinque, l’anale tre e dodici, la caudale quaranta e ogni pinna pettorale trentasette.
Sono presenti sul peduncolo caudale otto paia di pinnule. Il colore è simile a quello del tonno rosso, blu scuro sul dorso e bianco su fianchi e ventre, senza segni scuri. Le pinnule sono scure e la pinna caudale ha un orlo chiaro. Raggiunge un metro di lunghezza per 25 kg di peso, ma le dimensioni sono in genere inferiori di circa la metà. Caccia pesci pelagici come le sardine, le alici, le alacce ed i pesci volanti. Si nutre anche di cefalopodi. Nei mari italiani è comune, la sua presenza è particolarmente massiccia vicino alle Isole Eolie, alla Sicilia in genere ed in tutto il Tirreno a seconda degli anni. E’ considerato a ragione una prelibatezza e lo si può gustare in molti modi. E’ buonissimo anche sott’olio.
In Cucina
Ingredienti per 4 persone: 8 fettine di filetto di alalunga; un ciuffetto di finocchio selvatico; semi di papavero qb; 20 pistacchi salati; 2 aranci; olio d’oliva extra vergine qb; sale rosa dell’Himalaya (in alternativa sale grosso marino comune).
Una volta pulito il pesce e fatto a filetti, tagliare i filetti in fettine alte circa 2 cm sciacquarle sotto l’acqua fresca e fatele asciugare bene con della carta assorbente. Mettere nel frullatore un ciuffetto di finocchietto selvatico, il succo di un arancio fresco (mezzo bicchiere), un pugnetto di pistacchi salati sbucciati e privati della pellicina rossastra, un cucchiaio di olio di oliva extra vergine sale e pepe quanto basta e frullare il tutto fino ad ottenere un intingolo compatto.
Passare il bordo delle fettine di pesce nei semi di papavero. In alternativa ai semi di papavero si possono usare pistacchi salati di buona qualità sbriciolati in in un mortaio da cucina. Mettere le fettine in una padella ben calda con un filo d’olio d’oliva. Farle rosolare un minuto e mezzo circa per ogni lato aggiungendo su ciascuna fetta qualche grano di sale rosa dell’Himalaya. La padella deve essere calda ma non troppo. L’alalunga come tutti i tunnidi non vanno cotti tropo e devono rimanere rosati all’interno.
Mettere le fettine di filetto scottate nei piatti di portata e condire con l’intingolo all’arancio.
Accompagnare con una insalata verde con aggiunta di pomodori secchi sott’olio tagliati a striscioline oppure se le trovate con puntarelle romane all’agro e alici.
Se volete approfondire l’argomento attrezzature o volete provare la tecnica con noi: www.permare.net – www.jollypesca.net