Innovazioni tecniche e modelli “Lean Thinking” per la cantieristica post-crisi

Dal 2 al 6 Ottobre si è svolta una nuova edizione della ‘Fiera di Genova’, ossia il 53° Salone Nautico Internazionale. Un appuntamento che da mezzo secolo coinvolge armatori, addetti ai lavori e curiosi e che si sviluppa – quest’anno – in un arco temporale ridotto rispetto alle precedenti edizioni.
Segno ulteriore di una contrazione del mercato? Definitiva conferma che un’epoca è terminata?
Forse sì, anche se – sotto le macerie causate dallo Tsunami finanziario degli ultimi anni – un diporto Nautico Italiano ancora c’è, è vivo e nonostante tutto – con grande sforzo e impegno – continua ad esercitare la propria funzione, ad attirare persone, ad allungare pian pianino il passo …
In realtà, noi tutti sappiamo benissimo che diversi Cantieri, durante lo scorso quinquennio, sono scomparsi.
Molti altri sono ancora in difficoltà finanziarie o economiche e pochi son quelli che rimangono in buona salute. Nonostante ciò, si va avanti.
In maniera, direi, quasi stoica. In tono minore e con numeri di vendite meno eclatanti, ma si continua ugualmente.
Si procede a passo lento, dunque, e soprattutto con una mentalità profondamente cambiata.
Un cambio, a mio parere, non solo epocale ma soprattutto globale nella misura in cui la volontà di risparmiare e al contempo di trovare nuove soluzioni investe trasversalmente tutti i substrati industriali.
Fino a cinque o sei anni fa, per fare un esempio banale, non pochi Cantieri spingevano la propria ricerca per avere delle barche sempre più ‘potenti’: la velocità era un must. Oggigiorno, anche su grandi imbarcazioni, invece, le prestazioni non equivalgono più necessariamente ed esclusivamente all’elevata velocità di crociera ma – nell’immaginario collettivo degli armatori – si traducono più soventemente con l’ottimizzazione dei consumi di carburante ed energetici in generale.
E questo non solo per un mero risvolto economico quanto per una sensibilità acquisita verso le tematiche ambientali sempre più diffusa ed omogenea.
Oggi non pochi armatori vogliono godersi il mare in una barca ben fatta, sicura, e possibilmente ‘ecosostenibile’: il rispetto dell’ambiente è divenuto – a ragione – uno dei rafforzati punti cardine del nuovo modo di intendere la vita. L’armatore moderno, quello ‘post crisi’ per intenderci, è attentissimo agli aspetti legati all’inquinamento e alla sostenibilità. Essere ‘green’ attualmente è una necessità etica più che un fenomeno di costume …
Ed ecco, ancora una volta, che i Cantieri più smart interpretano e reinterpretano questo rinnovato modo di vivere il mare producendo battelli sempre più eco-friendly.
Anche durante questa edizione del Nautico, certamente, qualche lettore attento avrà avuto modo di osservare l’imbarcazione realizzata con qualche fibra vegetale, piuttosto che con qualche accessorio non strutturale, direi) costruito con resine bio, pannelli solari sparsi sui ‘tetti’ e motori elettrici disseminati un po’ dappertutto.
E’ un atteggiamento, che – ad essere sinceri – traduce una volontà di riscoprirsi e reinventarsi che non è assolutamente negativa.
Anzi, se proprio posso dire la mia, in questi anni di crisi diversi cantieri produttori sotto certi aspetti si sono anche evoluti, almeno sotto il profilo della mentalità, affinando le proprie capacità industriali e manageriali … con ammirevole perseveranza hanno continuato ad investire nella formazione del personale e nei processi produttivi nell’ottica di migliorare le rese, ridurre gli sprechi, limitare i costi superflui, insomma in un’unica frase: ottimizzare le risorse.
Difatti (ed è proprio questa la chiave di volta) per continuare ad offrire agli armatori delle imbarcazioni estremamente valide mantenendo al contempo prezzi di vendita più che competitivi, i cantieri nautici hanno dovuto necessariamente estremizzare la propria ricerca di ottimizzazione economica cercando di ‘contenere i costi’ senza inficiare la qualità del prodotto finito.
Del resto, la ‘spendig review’ non è un fenomeno legato solo alle grandi politiche nazionali o internazionali, ma un vero e proprio modus operandi che è entrato di diritto nella cultura delle persone e – naturalmente – di tutte le attività imprenditoriali, Diporto Nautico compreso.
E solo le aziende più attente, oculate e ‘ottimizzate’ stanno riuscendo – in effetti – a proiettarsi anno dopo anno in una nuova stagione produttiva.
Nella mia personale esperienza, opero sempre di più al fianco delle realtà cantieristiche che vogliono impegnarsi in progetti di ottimizzazione delle risorse. E non si tratta semplicemente (come riportano alcuni infelici articoli incentrati sulla figura del ‘Lean Consultant’ ) di operare dei ‘tagli’.
Il Lavoro richiesto è molto delicato e complesso poiché per poter affrontare bene questo tipo di attività, producendo come risultato un beneficio apprezzabile per il Cantiere, si deve innanzitutto conoscere la realtà produttiva della nautica da diporto perfettamente (è difficile che un manager proveniente da un settore ‘diverso’ possa trovare le soluzioni ottimali, specie in campo costruttivo).
Ciò premesso, bisogna immergersi nella realtà di reparto, esaminarla attraverso i suoi uomini, le sue macchine e le sue procedure operative e – a quel punto – iniziare a snellire e/o modificare i processi e la programmazione affinché il Costruttore migliori le proprie ‘rese di reparto’.
Non solo.
Il concetto di un sano e virtuoso ‘risparmio’ viene incentrato, naturalmente, nella Produzione (dove fisicamente e materialmente viene costruita l’imbarcazione) va esteso un pò a tutta l’azienda ivi compreso il magazzino che deve essere ‘asciutto’ (nel senso di non accumulare ridondanti giacenze) ma in grado di fornire comunque tutti materiali che servono alla produzione ‘per tempo giusto’ (in modo da far scorrere la produzione in maniera fluida e senza dannose intermittenze).
In tal modo, si eviteranno inutili immobilizzazioni di capitali e al contempo si riusciranno ad evadere con scioltezza le richieste di un’imbarcazione in costruzione.
In ultimo, ma non per importanza, la revisione delle Distinte Base: esaminando con criticità ‘la lista’ dei materiali e delle materie prime che compongono un’imbarcazione emergono una serie di scabrosità che possono essere ‘limate’ in un ottica di continuo miglioramento.
Anche l’Ufficio Tecnico, a questo punto, tenendo conto di tutti gli aspetti citati in merito e dovrà sforzarsi (senza per questo rinunciare al suo carattere di autonomia) di tendere verso una progettazione del tipo DFM (Design for Manufacturing) integrata con le specifiche esigenze tecniche e tecnologiche del Cantiere.


