Unità storiche: il mercato e l’utilizzo commerciale
Se si volesse identificare una nicchia nella nicchia all’interno del mercato nautico, questa potrebbe certamente coincidere con le unità storiche: rimorchiatori portuali e fluviali, unità da piccolo cabotaggio, tender, battelli fluviali e navette a vela.
Come intuibile, non parleremo in questo articolo del pur cospicuo e prestigioso mondo degli yacht classici, ma piuttosto di tutte quelle unità che, già da qualche anno in Nord Europa e negli Stati Uniti, hanno registrato (all’interno del proprio segmento) un notevole successo, soprattutto nel reimpiego nel diporto commerciale.
L’idea di questo articolo nasce anche da un’esperienza diretta, maturata grazie ad alcuni incarichi che ho avuto modo di trattare per armatori stranieri. Ho avuto così l’opportunità di cimentarmi nella singolarità della ricerca di queste unità e nella loro ricostruzione storico-documentale, per poi accompagnarle nel loro percorso tecnico-amministrativo, sfociato nella loro messa in esercizio e utilizzazione commerciale.
Quella che definirei una “cultura della conservazione”, con il conseguente utilizzo a scopi turistico-ricreativi dei mezzi storici in generale, non deve assolutamente essere considerata una novità: ad esempio, nei trasporti ferroviari è ben radicata, come testimoniano il restauro e il riutilizzo del materiale rotabile ex CIWL (si pensi al famoso Orient Express), impiegato in viaggi di lusso in tutta Europa, e anche il lodevole lavoro di Fondazione FS, che in dieci anni di attività ha creato un vero e proprio business sostenibile attraverso l’utilizzo del parco storico delle Ferrovie dello Stato.
Per quanto riguarda invece il settore marittimo, in Italia sono ben pochi gli esempi di unità storiche ancora in esercizio commerciale, complice anche la scarsissima conservazione di ogni tipo di unità, sovente inviate alla demolizione. Di segno diverso, così come abbiamo accennato, è la situazione in altri Paesi, dove il recupero e il relativo impiego di unità storiche sono concretamente più diffusi: su questo fronte i Paesi nordeuropei, ma anche USA e Giappone, possono essere senz’altro messi al primo posto in questa singolare classifica.
Ma volendo dare una panoramica generale: cosa si può ancora trovare per chi volesse interessarsi a questo speciale segmento armatoriale?
Come abbiamo esordito, seppur non in numeri imponenti, le tipologie di unità sono molte. Esistono unità con motori originali a vapore, a volte perfettamente funzionanti e restaurati, unità a vela e, naturalmente, unità di vario tipo con motorizzazioni diesel. Più raramente si trovano unità da ripristinare e/o da restaurare.
Considerando i non recentissimi periodi storici di cui stiamo parlando, le costruzioni sono essenzialmente in legno, ferro e acciaio. In base alle mie ricerche, ho potuto riscontrare la presenza di unità (in vendita o in esercizio) che vanno dal 1889 a seguire. Le lunghezze variano dai 10 metri circa fino ai 40-45 metri. Alcune unità sono già registrate e certificate come unità da diporto puro o commerciale, talvolta con la documentazione storica o perfino la registrazione “originaria”.
Volendo fornire alcuni numeri rispetto a questo settore, c’è anzitutto da sottolineare che le valutazioni non seguono l’andamento del mercato del diporto “tradizionale”. Dunque, i valori sono spesso tecnico-estimativi o tecnico-storici-estimativi (sull’argomento, alcuni anni fa scrissi un articolo sull’estimo navale), piuttosto che commerciali. Ad ogni buon conto, a seconda della tipologia, dei refitting e di numerosi altri parametri tecnici, amministrativi e storici, le unità storiche possono trovarsi in vendita dai 45.000 ai 900.000 dollari.
Ma che dire delle spese di mantenimento e di esercizio, volendo escludere un’eventuale (e talvolta impegnativa) attività di refitting? In linea di approssimazione, rimanendo fino ai 30 metri di lunghezza, i costi diretti di esercizio e manutenzione a volte possono essere oggettivamente inferiori rispetto a quelli di uno yacht classico, e leggermente o mediamente più alti di rispetto a uno yacht di media grandezza, ovvero tra i 15 e i 24 metri.
Come sicuramente molti di voi lettori sanno, leggendo i miei articoli, molto dipende da variabili come la bandiera, la tipologia di utilizzo e l’area di impiego.
Dunque, è opportuno sempre quantificare tutti questi parametri, onde computare i reali costi di esercizio in chiave operativa.
Relativamente alla sfera amministrava e tecnica, vi sono tuttora registri di primissima fascia che supportano questa nicchia di armatori con registrazioni ad hoc o certificazioni dedicate, altrimenti impossibili da ottenere seguendo gli attuali standard internazionali o di bandiera. Fattore, questo, che facilita, e non poco, l’esercizio di queste – spesso splendide – unità.
Per chi volesse, così come avviene per il diporto “tradizionale”, avventurarsi nell’esercizio commerciale di un’unità in generale, il mio consiglio è sempre quello di affidarsi a un supporto professionale, riconosciuto e competente. Il rischio, altrimenti, sarà sempre lo stesso: trasformare un’attività lucrativa in una fucina di debiti e difficoltà.