Drifting al tonno: tutti i segreti
Negli ultimi anni, a seguito dell’introduzione delle limitazioni previste dalla nuova normativa ICCAT che preserva gli stock ittici, si è avuta un’elevata diffusione della tecnica del drifting al tonno lungo le coste della nostra penisola.
Il principio cardine della tecnica del drifting al tonno è quello di realizzare una scia odorosa con le sardine, in modo da attirare i tonni all’interno della pastura e cercare di ingannarli affinché mangino le sardine innescate. Le esche dovranno rimanere sempre nella fascia di brumeggio che si allontana dalla nostra imbarcazione. Questo è uno degli elementi più importanti della tecnica, in quanto uno dei più frequenti errori commessi dai neofiti in questa disciplina, è proprio quello di non riuscire a comprendere la direzione e l’angolo della pastura sotto la propria imbarcazione, con l’inevitabile spreco di sardine, buttate in mare senza avere alcuno strike.
In linea generale, la tecnica del drifting al tonno rosso è praticata attraverso due modalità, a seconda delle preferenze e delle batimetriche dello spot di pesca.
In particolare, in alto Adriatico, con fondali più bassi, intorno ai 30 metri, c’è la prevalenza a effettuare tale tecnica ancorati, mentre nel basso Tirreno è molto utilizzato il paracadute, su spot con profondità anche superiore ai 200 metri, in modo da poter effettuare un’azione di pesca con uno scarroccio molto controllato.
Rispetto al passato, oggi si utilizzano canne più performanti, costituite con materiali innovativi, accoppiate a mulinelli molto leggeri.
I complessi pescanti attualmente utilizzati si possono sintetizzare nelle seguenti tre combinazioni:
1. Nylon in bobina; giunzione (Wind-on o nodo del tipo CoCo-PR); terminale di 8 metri nylon o fluoro.
2. AllowCore o treccia in bobina; giunzione (Wind-on o nodo tipo CoCo-PR); terminale di 8 metri nylon o fluoro.
3. AllowCore o treccia in bobina; giunzione (Wind-on o nodo tipo CoCo-PR); molla in nylon di circa 25 metri; giunzione (Wind-On o nodo tipo CoCo-PR); terminale di 8 metri nylon o fluoro.
All’estremità del terminale viene accoppiato un amo della misura 7/0-8/0, rigorosamente circle, che prevede l’inserimento di una girella nell’occhiello dell’amo. L’amo viene fissato al terminale attraverso una crimpatura, utilizzando una redancia di tubicino, rivetti e pinze di qualità, oppure, nel caso di terminali sottili sotto lo 0,65 di diametro, si preferisce la soluzione alternativa, realizzando un semplice nodo a scelta tra quelli più comuni (Adriatic, Spina, Chain, etc.).
Il diametro del terminale, di fluoro o nylon a seconda delle preferenze, varia ovviamente in funzione della grandezza delle prede. In linea generale, per le prede presenti nei nostri mari, i diametri utilizzati variano da un minimo di 0,60 a un massimo di 0,90 e solo con pesci grandi molto over si supera il diametro di 100.
Le canne utilizzate hanno diverse resistenze in libbre, a seconda delle prede che si ipotizza di poter combattere, e pertanto si parte da fusti da 30 libbre, per pesci fino a 50 kg di peso, fino ad arrivare a fusti da 80 libbre e più per pesci sopra i 100.
L’anellatura delle canne sarà carrucolata nel caso di mulinelli imbobinati con nylon, in particolare nei casi di partecipazione a competizioni e gare di pesca, o spiralata “Acid” qualora si optasse per multifibra in bobina.
La scelta del mulinello sarà orientata verso rotanti con drag di almeno 40 libbre reali e se possibile con rapporti di recupero a doppia velocità, in modo da avere anche la possibilità, con la velocità ridotta, di recuperi più efficienti e meno onerosi su tonni over 100. Uno degli inganni più utilizzati, in ambito agonistico, è quello di accoppiare al nylon in bobina, in genere un 30 libbre, tramite un nodo PR, un terminale in fluorocarbon molto sottile (in alcuni casi anche 0,50), in modo da rendere il terminale molto più invisibile agli occhi del nostro amato pesce.
Per evitare rotture durante il combattimento, a causa dell’abrasione dovuta agli affilati denti del tonno, si utilizza una “trappola” formata da uno spezzone di circa 70 cm di morbido braid, di almeno 80-100 libbre, che viene fissato tra l’occhiello dell’amo circle e la girella, utilizzata sempre per scaricare le torsioni e rotazioni dell’esca.
Nella storia della pesca al tonno, l’esca principe di tutte le battute di drifting è sempre stata la sardina, che viene utilizzata sia per il brumeggio che per l’innesco. Uno degli inneschi più redditizi è quello del tocchetto di sardina, che si ottiene tagliando la testa e la coda in modo da ingannare il tunnide creando un innesco simile al contenuto della scia di pastura. Di estrema importanza è far in modo che l’innesco scenda all’interno della pastura possibilmente con la stessa andatura e con la pancia rivolta verso la superficie, analogamente alle sarde del brumeggio.
Spesso, in alternativa alla sardina, si utilizzano l’alaccia e l’aringa, catturate in alcune zone anche col sabiki, che hanno una superiore consistenza delle carni offrendo una maggior tenuta, copertura dell’amo e una migliore presentazione dell’innesco. In alcune situazioni e giornate particolari, in sessioni di pesca non agonistiche, è utile differenziare gli inneschi utilizzando anche altre tipologie di esche sia morte che vive.
Tra le esche vive consiglio sicuramente lo sgombro, il lanzardo, il tombarello o il sugarello che, se calati alla picca dell’imbarcazione, potrebbero invogliare allo strike il tonno e, in casi fortunati e non rarissimi, anche qualche bel pesce spada.
Per avere un’ottima ed efficace azione di pesca è necessario effettuare una pastura costante, composta da pezzetti di sardine uniformi, alternati a qualche pezzo di sarda senza coda e testa, simile al nostro innesco. Di fondamentale importanza, inoltre, sarà affondare con poco piombo le lenze a differenti distanze dalla barca, calcolando bene la velocità e l’angolo di brumeggio e facendo in modo che gli inneschi siano sempre in pastura.
Una delle soluzioni per cercare di avere sempre gli inneschi in pastura può essere l’utilizzo del paracadute che, posizionandosi nella corrente secondaria, fa in modo che la nostra imbarcazione si sposti insieme alla pastura alla velocità della stessa corrente di mezzo fondo. Pescando col paracadute, in pratica avremo il vantaggio di pescare più facilmente in pastura e di poter utilizzare piombi leggerissimi, anche al di sotto dei 50 grammi, donando più naturalezza e leggerezza al nostro innesco.
Si suggerisce l’utilizzo di un ecoscandaglio di ultima generazione con una sonda avente un cono ampio (come ad esempio la tradizionale ed economica P66 oppure l’innovativa Panoptix della Garmin) in modo da monitorare costantemente il passaggio dei tonni sia al di sotto della propria imbarcazione che nella posizione frontale.
Il combattimento nel drifting al tonno sarà svolto con cinture del tipo “black magic” in stand-up e sarà importante pompare il pesce e fargli girare spesso la testa per evitare di farlo ossigenare troppo e rimanere impiantato alla picca. Ovviamente il combattimento si esegue in stand-up con cinture che hanno un sistema d’imbragatura dell’angler che, tramite un renale, viene assicurato al mulinello, in modo da scaricare gran parte della trazione sulle gambe e poter pompare il pesce abbassando il baricentro con la flessione delle gambe.
I tempi di recupero dipenderanno dall’esperienza dell’angler e dello skipper che dovrà facilitare l’azione di pesca e di rilascio del tonno una volta sotto la barca.
Ricordiamo di rilasciare sempre i tonni e di rispettare le leggi vigenti che prevedono la cattura di un solo tonno per barca al giorno nel periodo consentito, previo rilascio del permesso di pesca dalla Capitaneria.