Concessione di aree adibite a porti turistici: la sentenza del TAR
È applicabile la Direttiva Bolkestein alla concessione di aree adibite a porti turistici?
Molte sono state, mesi addietro, le preoccupazioni legate alle ripercussioni della Direttiva n. 106/2003 — c.d. Direttiva Bolkestein — in tema di concessione e gestione dei porti turistici italiani. A titolo di premessa appare utile ricordare che il D.P.R. 509/97 definisce “porto turistico” un complesso di strutture dedicate alla nautica da diporto che sia fruibile dai diportisti.
È bene rammentare che la realizzazione di un porto turistico richiede una concessione demaniale marittima, rilasciata dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che definisce i diritti e gli obblighi del concessionario. La concessione delle aree a terzi soggetti è invece regolata da rapporti di diritto privato.
Ogni porto turistico ha un proprio regolamento interno, approvato dall’Autorità Marittima, che regola l’accesso, l’uso delle strutture, la disciplina dell’ormeggio e la gestione dei servizi.
L’Autorità Marittima effettua controlli sull’osservanza delle disposizioni legislative e regolamentari all’interno dei porti turistici, incluso il rispetto degli orari di ormeggio e l’utilizzo corretto delle strutture.
Il porto turistico è destinato esclusivamente all’uso di imbarcazioni dei concessionari o aventi diritto, e occasionalmente a imbarcazioni di enti pubblici, salvo in situazioni di emergenza. La gestione del porto turistico è affidata a un concessionario che deve garantire il rispetto del regolamento e la fornitura dei servizi. La natura particolare dei porticcioli turistici, che hanno finalità diverse da quelle dei porti commerciali, essendo dedicati ad attività per l’appunto turistiche e ricreative, ha fatto sì che si creasse molta confusione in tema di applicazione, alle concessioni di dette aree, della famigerata Bolkestein.
Con il tempo è stato chiarito — e allo stato appare pacifico — che la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto non necessita della emanazione di normative in materia di evidenza pubblica, in quanto esse non rientrano nell’ambito di applicabilità della Direttiva cd. Bolkestein atteso che la medesima appare riguardare le sole concessioni balneari.
Pertanto, i servizi portuali (come anche quelli turistici) sono esclusi dalla Direttiva Bolkestein, come confermato dalla giurisprudenza amministrativa, la quale ha evidenziato la circostanza per cui il porto è “funzionale alla realizzazione di interessi pubblici, così che può essere gestita direttamente dall’ente locale”. In particolare, è emerso dalla giurisprudenza amministrativa che “la gestione di un porto turistico è qualificabile come servizio pubblico locale di rilevanza economica e, pertanto, nonostante abbia di fatto finalità turistico-ricreative a beneficio dei soli soggetti privati utenti, sia comunque da considerare a tutela di interessi pubblici quali la valorizzazione turistica ed economica del territorio”.
CONCESSIONE PORTI TURISTICI: IL CASO
In tema di concessione di aree adibite a porti turistici, è utile commentare la recentissima sentenza del Tribunale Amministrativo Regione Lazio – Latina Sez. 2 del 5 maggio 2025 n. 426, che ha ulteriormente chiarito profili di interesse in tema di aree demaniali concesse a fini turistico-ricreativi.
In tal caso il TAR ha deciso su un ricorso effettuato da una società concessionaria di un porto turistico contro il Comune concedente per l’annullamento di una nota del Comune stesso, con cui il medesimo aveva respinto l’istanza della ricorrente diretta a ottenere il rinnovo della propria concessione demaniale marittima nonché l’annullamento di ogni altro atto, antecedente o consequenziale, comunque connesso, ivi compresa la delibera della Giunta Comunale.
La ricorrente società — titolare di concessione demaniale marittima per tenere un pontile galleggiante, una banchina, una piattaforma in legno e uno specchio acqueo destinato a ormeggio natanti da diporto – aveva depositato una documentata istanza di rinnovo per sei anni regolarmente assunta a protocollo del Comune. Il Comune — in sintesi — respingeva la richiesta di rinnovo delle concessioni demaniali marittime, in quanto l’istanza in questione si sarebbe posta in contrasto con la normativa europea, visto l’obbligo dell’Amministrazione civica di indire una procedura di gara pubblica, quale unica tipologia di selezione possibile. Inoltre, il Comune evidenziava che non sarebbe stato possibile avviare procedure di evidenza pubblica, stanti l’incertezza normativa e la necessità di attendere il riordino della materia, e pertanto avrebbe potuto procedere a una proroga di un periodo limitato ma, certamente, non a un rinnovo pluriennale.
La ricorrente si opponeva per violazione di diverse norme di legge e richiamava le molteplici sentenze dei tribunali amministrativi che, in sostanza, giustificavano la propria richiesta di ottenere la concessione. Il Comune ovviamente si opponeva.
IL COMMENTO DI UNA RECENTISSIMA SENTENZA DEL TAR
Il Collegio deliberante, recentemente espressosi, ha ritenuto anch’esso, in linea con precedenti decisioni di tribunali amministrativi, che le concessioni da diporto, come quella in argomento, restino escluse dal novero delle concessioni balneari marittime a scopo turistico-ricreativo soggette all’applicazione della Direttiva 2006/123/CE e della relativa giurisprudenza unionale e interna.
Tuttavia, e qui viene l’importanza della sentenza in commento, ha espresso chiaramente che la circostanza che le concessioni da diporto non godano della stessa disciplina di quelle per uso turistico-ricreativo non significa né (i) che le concessioni da diporto devono ritenersi automaticamente prorogate in forza di normativa ad esse non estendibile, né (ii) tanto meno che alle concessioni da diporto sia riservata una disciplina che renda possibile disattendere il principio di concorrenzialità (cfr. sul punto ancora TAR Lazio, Latina, II, n. 340/2025).
Difatti, aggiunge il TAR nella pronuncia in commento, la Direttiva 2006/123/CE non ha regolamentato le concessioni ad uso diverso da quelle aventi finalità turistico-ricreative, soltanto perché esse concernono un diverso ambito e hanno determinate caratteristiche, e non certo per “escludere” tali tipologie di concessioni dal rispetto dei princìpi di concorrenzialità. Difatti, per tale tipologia di concessioni demaniali il principio di concorrenzialità non è stato mai posto in dubbio (cfr. sul punto Cons. St., VI, n. 89/2019 riferita alle concessioni per la realizzazione di strutture di diporto), tanto che la possibilità di introdurre una proroga ope legis al 31.12.2023 (poi 31.12.2024) — introdotta solo nella formulazione originaria dell’art. 3, comma 1 della l. n. 118/2022 — è stata repentinamente abbandonata nella normativa successiva.
Dunque, ha specificato questa recentissima sentenza, la sottrazione delle concessioni da diporto dall’ambito di applicazione della Direttiva 2014/23/UE e delle cd. sentenze gemelle dell’Adunanza Plenaria nn. 17 e 18/2021 non esclude la doverosità dell’applicazione di una procedura competitiva rispettosa dei principi di trasparenza, di imparzialità e di pubblicità.
CONCESSIONE PORTI TURISTICI: IL PRINCIPIO DI CONCORRENZIALITÀ
Al riguardo, appare utile ricordare (vedasi TAR Lazio Roma, V, n. 6854/2025) che la proroga delle concessioni di beni demaniali attribuite ad uso esclusivo di privati senza previo esperimento di procedure competitive si pone in contrasto con i principi generali di concorrenzialità e di naturale destinazione dei beni pubblici ambientali alla pubblica fruizione ed è quindi ammessa per periodi temporalmente limitati (cfr. TAR Lazio, Roma, II-quater, n. 1426/2021).
Difatti, e questo è il principio che sta alla base di un interesse di natura pubblicistica, solo l’esigenza di soddisfare esigenze di carattere non meramente privato ma formalmente “collettivo” può essere ritenuta idonea a giustificare una sottrazione potenzialmente prolungata all’utilizzazione pubblica di un’area demaniale (cfr. ex multis, Cons. St., VI, n. 874/2010; TAR Lazio, Roma, II-bis n. 9194/2015). E ciò è tanto vero che, già prima della cd. Direttiva Bolkestein, le concessioni rilasciate “per servizi pubblici e per servizi e attività portuali e produttive” o quelle “per realizzare e gestire strutture dedicate alla nautica da diporto” erano pacificamente escluse, dalla giurisprudenza, dalla possibilità di proroga prevista dal comma 2 dell’art. 01 del d.l. n. 400/1993, come modificato dalla l. n. 88/2001.
Per tale ragione, aggiunge il TAR, il Comune avrebbe dovuto esaminare l’istanza di proroga della concessione presentata dalla ricorrente, applicando immediatamente la disciplina recata dall’art. 37 del cod. nav., tuttora vigente e immediatamente applicabile alla fattispecie all’esame, stanti
(i) l’inapplicabilità della normativa dedicata alle concessioni demaniali marittime a scopo turistico-ricreativo;
(ii) l’impermeabilità delle concessioni da diporto di tipo nautico alle norme interne e ai princìpi unionali che impongono indeclinabilmente l’obbligo della gara pubblica per la loro assegnazione;
(iii) l’insussistenza, per le concessioni da diporto di tipo nautico, di una disciplina specifica successiva al d.l. n. 131/2024.
Non vi era (e non vi è oggi) necessità di attendere alcun intervento normativo o adempimento di carattere procedurale od organizzativo, aggiunge il tribunale, in parziale accoglimento del ricorso. Allo scopo vengano rilasciate le concessioni e, relativamente alle modalità procedurali per l’assegnazione della concessione, il Collegio definitivamente chiarisce che:
(i) come peraltro già anticipato, per le concessioni da diporto di tipo nautico non sussiste un obbligo espresso e di fonte legale di procedere al loro affidamento nelle forme tipiche delle procedure a evidenza pubblica previste per i contratti d’appalto della pubblica amministrazione;
(ii) può trovare applicazione la procedura “informale” prevista dall’art. 37 del cod. nav. (in tema di concorso di concessioni), purché essa si svolga con modalità idonee a soddisfare gli obblighi di trasparenza, imparzialità e di pari condizioni tra i partecipanti.