Indici di qualità ottenuti con tecnologie di produzione a basso impatto ambientale
Negli ultimi anni, si parla sempre più spesso di imbarcazioni realizzate mediante infusione.
Talvolta se ne decantano i pregi, altre – invece – se ne svelano occulti “pericoli”.
Addirittura c’è chi si “fida” di questa tecnica di costruzione e chi, invece, predilige il metodo classico.
In realtà l’infusione sottovuoto (il cui acronimo è V.I.P., ossia: Vacuum Infusion Process) non è altro che una delle tecniche di produzione con cui si costruiscono le imbarcazioni e pertanto va analizzata in maniera oggettiva, senza facili entusiasmi o, al contrario, ingiustificati timori.
Per questo motivo ho deciso di approfittare di questo secondo appuntamento coi lettori di Mondo Barca Market per affrontare l’argomento in questione da un punto di vista veramente tecnico, analizzandone, in maniera quanto più obiettiva possibile, quelli che sono i “pro” e gli eventuali “contro“.
Chiaramente, tengo a precisare, che non è pensabile di poter esaurire tutti i concetti in una singola pubblicazione e rimando i lettori interessati ad ulteriori chiarimenti a porre le proprie domande e/o ad analizzare le altre divulgazioni che si trovano in letteratura (per approfondimenti eventuali, http://digilander.libero.it/ing_coccia).
Ad ogni modo, il V.I.P. è una tecnologia cono cui vengono stampati (ossia riprodotte delle stampate all’interno di uno specifico stampo) dei manufatti in composito. Essa, pertanto, viene adottata da alcuni cantieri per realizzare imbarcazioni il cui materiale costituente il natante sia la vetroresina, la carboresina o il composito a base aramidica ( per intenderci, una delle fibre aramidiche più conosciute è il Kevlar ).
Questa tecnica fondamentalmente differisce dalle tecnologie tradizionali in quanto la resina non va “rullata” a mano o “spruzzata” dagli operatori (confronta articolo Gennaio 2010 Mondo Barca Market). Al contrario, invece, grazie ad un impianto opportunamente realizzato in cantiere (pompe per il vuoto, trappole per catturare la resina in eccesso, macchinari per la catalisi ed il relativo dosaggio), l’impregnazione ha luogo sotto l’effetto di una depressione che si viene a creare (grazie all’apposita pompa che è il cuore dell’impianto) all’interno dei tessuti di fibra in maniera semi-automatica.
Gli oggettivi vantaggi di questo processo sono numerosi, e riguardano sia le proprietà meccaniche dell’imbarcazione stessa che la salute degli operatori e, in ultimo, l’ambiente di lavoro.
In altre parole, per quanto riguarda il primo dei vantaggi su menzionato, potremmo dire che la scocca di un’imbarcazione realizzata in infusione a parità di resistenza risulterà più leggera del 20% circa rispetto alla stessa scocca ottenuta mediante laminazione manuale.
La maggiore leggerezza del prodotto, chiaramente, comporta, a sua volta, dei benefici sul consumo di carburante, in quanto, ovviamente, a parità di potenza, il motore deve “spingere” un dislocamento (peso) minore.
Ma come si ottiene questa maggiore leggerezza, pur conservando le medesime proprietà di resistenza meccanica?
Confrontando le foto allegate, ci si può rendere conto che durante il processo, lo stampo viene sigillato con un enorme sacco in materiale plastico semi-flessibile. Sotto l’effetto del vuoto, questo sacco “compatta e comprime” le fibre e, di conseguenza, la quantità di resina che viene erogata è esattamente quella strettamente necessaria, senza eccessi né sprechi di materiale inutile.
Traducendo questo concetto tecnicamente, si ha che un manufatto (ad esempio, la carena di una barca) prodotto mediante l’ausilio di una tecnologia V.I.P. risulta avere proprietà specifiche superiori: l’aumento del Gc (ossia del contenuto percentuale di rinforzo fibroso) porta ad avere le medesime resistenze strutturali anche per pesi complessivi inferiori.
Non è secondario, inoltre, l’aspetto legato al fatto che grazie all’ausilio di questa tecnica, la resina penetra all’interno delle fibre sotto l’azione di un vuoto che può essere spinto sino a valori prossimi ad 1 bar. Per conseguenza, i vari strati dei laminati risultano perfettamente incollati e il rischio di dannosi scollamenti o delaminazioni si riduce drasticamente.
Questi descritti, sono sommariamente i vantaggi di tipo tecnico che si ottengono previo l’utilizzo di questo processo di produzione.
Si parlava anche di vantaggi per gli operatori, inoltre, in quanto questi ultimi – impiegati nel V.I.P – non saranno più “costretti” ad effettuare un lavoro poco gradevole (con maschere e rulli impregnanti) che li espone alle continue esalazioni della polimerizzazione in quanto il loro contatto con la resina si riduce quasi del tutto essendo, quest’ultima, erogata da un macchinario.
In ultimo, ma non certo per importanza, il miglioramento delle condizioni ambientali che possono essere ottenute grazie a questa tecnologia: mediante il sottovuoto, difatti, gli elementi volatili nocivi (stirene ed altri composti organici) restano intrappolati sotto al sacco e dentro al circuito chiuso con enorme beneficio di tutti.
Fra l’altro, c’è da dire, che negli ultimi anni (per fortuna) le normative che regolano la tutela degli ambienti di lavoro si fanno man mano più stringenti e tendono sempre maggiormente a limitare l’immissione in atmosfera di componenti potenzialmente nocivi.
Da queste poche battute sembrerebbe naturale, a questo punto, dover adottare sempre e comunque questa tecnica di produzione.
I rischi, invero, sono numerosi e non intrinseci alla tecnica stessa bensì alla maestria con la quale essa viene realizzata.
In altre parole, essendo sicuramente una tecnica più complessa rispetto alla laminazione manuale, non è sempre facile trovare degli operatori professionalmente ben preparati che sappiano portare a termine il processo V.I.P. “a regola d’arte”. Se da un lato, infatti, è relativamente semplice correggere un’operazione poco riuscita con la laminazione tradizionale, ciò risulta ben più complesso e rischioso con l’infusione. E’ importante, pertanto, che il cantiere che produce per infusione sia attrezzato soprattutto con delle risorse umane qualificate.
Un buon tecnico e degli operai esperti, infatti, garantiscono la buona riuscita del processo e l’ottenimento di un’imbarcazione migliorativa rispetto a quelle ottenute mediante le tecnologie tradizionali.
Quanto detto, quindi, fa desumere che un cantiere che produce mediante infusione debba essere innanzitutto ben attrezzato in termini di risorse umane, ma non è l’unico aspetto. Occorre, difatti, altresì disporre di aree all’interno degli stabilimenti opportunamente climatizzate ( questo per far sì che il processo di indurimento sia gestito e non lasciato alla mercé delle variabili condizioni climatiche) e, in generale, tecnologicamente più all’avanguardia.
Tutto questo, ovviamente, comporta al produttore dei costi aggiuntivi rispetto ai processi tradizionali e quindi un’imbarcazione realizzata per infusione, ancorché decisamente desiderabile, potrebbe comportare all’utente finale un esborso economico leggermente superiore.
Per concludere, possiamo sicuramente asserire che l’infusione di resina sottovuoto è una tecnologia produttiva all’avanguardia: essa presenta il vantaggio di un basso impatto ambientale e, allorché affrontata con la giusta dose di competenza teorica e pratica, consente di ottenere elevati indici di qualità del prodotto finale unitamente ad una riduzione dei pesi dell’imbarcazione.