La produzione di scocche in VTR per l’industria Nautica
L’impiego della Vetroresina nell’Industria Nautica (e per certa componentistica anche nel Navale) come materiale strutturale è sempre più frequente.
Di fatti, questo materiale presenta una serie di vantaggi (fra cui la possibilità di ottenere forme anche molto complesse) che lo rendono competitivo rispetto ai metalli e ai materiali convenzionali.
Inoltre, e questo aspetto non è secondario, i semilavorati sono producibili con tecnologie di produzione relativamente economiche.
Infine, da un punto di vista squisitamente meccanico, il VTR esibisce un peso specifico dell’ordine dei 2 Kg/ dm3 e quindi risulta avere un’ elevata resistenza specifica (ossia è molto leggero rispetto alla resistenza che esprime).
Nel caso della nautica da diporto, le aziende che operano nel settore del VTR, si occupano di produrre, assemblare e rifinire: scocche di carene, ponti di coperta e tughe.
Chiaramente, per uscire dall’ ambito di artigianalità che caratterizza nei fatti questo tipo di materiali, è necessario (sempre di più in un momento storico come questo ) ottimizzare i processi, limitare gli sprechi, massimizzare i rendimenti attraverso una serie di azioni (concrete) da esercitare come:
– L’analisi dei costi legati ai processi produttivi
– La gestione razionalizzata degli impianti e delle attrezzature
– L’integrazione delle logiche di qualità di prodotto nelle attività produttive Naturalmente, fra gli indiscussi vantaggi di questa ‘materia’ da costruzione non possiamo tacerne i limiti che sono soprattutto legati al discorso delle emissioni inquinanti nell’ambiente di lavoro.
Difatti, durante la trasformazione della materia prima, si può assistere a due tipi di fenomeni legati ai cosiddetti Solventi Organici Volatili, ossia:
a) L’emissione dinamica ( che avviene durante la fase di ‘stratificazione’)
b) L’emissione statica ( il manufatto, una volta ‘rullato’ e conformato, in fase di ‘indurimento’, continua ad ‘espellere’ notevoli quantità di solventi).
In particolare, se si fa utilizzo di resine poliesteri o vinilesteri il solvente nocivo rilasciato in ambiente è il noto stirene. In Italia, la norma prevede che la sua concentrazione debba essere inferiore a 0,208 grammi per ogni metro cubo.
Questo obiettivo, tuttavia, non è facilmente ottenibile. Infatti, considerando una comune resina poliestere (la cui concentrazione di stirene è del 40% circa), si stima che l’entità dell’evaporazione superficiale sia di 60/90 grammi di vapore emesso per metro quadrato di superficie libera ad una temperatura di 20°C.
Tuttavia, facendo uso di tecnologie a stampo chiuso, questo problema si abbatte dell’80-90% con la conseguenza di avere ambienti di lavoro più salubri e modalità operative nettamente superiori da un punto di vista tecnico-produttivo.
Di tecnologie a stampo chiuso ne esistono molteplici tipi. In riferimento alla nautica, le più note ed utilizzate sono: ‘La compattazione sotto vuoto’, l’ ‘infusione’, l’‘RTM light’ .
La loro caratteristica in comune, che le differenzia da quelle a stampo aperto (fra cui la laminazione manuale e il cosiddetto ‘Taglia e Spruzza’ ) è il fatto di avere uno stampo ed un controstampo ( il quale a sua volta può essere sia rigido che flessibile ) all’interno dei quali avviene il processo di ‘indurimento’ ( che in gergo viene denominata ‘polimerizzazione’ ).
Le operazioni di stratificazione, inoltre, avvengono solitamente ‘a secco’ e di conseguenza che anche in questa fase sono ridotti al minimo (praticamente tendente allo zero) i contatti con la resina fluida.
Tutto sommato, per tornare al discorso dell’industrializzazione e dell’adeguamento tecnologico – non è attualmente pensabile adottare esclusivamente tecniche sotto-vuoto per produrre ogni tipo di semilavorato.
Per fare un esempio concreto, nel caso di piccoli particolari di forme complesse (al di là dell’indiscusso beneficio ambientale e tecnico) potrebbe risultare anti-economico ricorrere ad una tecnica più ‘elaborata’ come l’infusione.
E’ fondamentale, infatti, in un momento di estrema attenzione ai costi come questo, effettuare continuamente valutazioni economiche per definire quale tecnologia adottare (senza sposarne una sola a tutti i costi) e per quale tipo di prodotto adeguarla.
In effetti, l’Industria Nautica Italiana ( dopo la forte crescita degli ultimi venti anni) sta vivendo anch’essa – come quasi tutti i settori industriali – un periodo estremamente delicato.
Per questo motivo, le Aziende che hanno ancora la possibilità di continuare in questo difficile cammino devono necessariamente perseguire la strada dell’ industrializzazione e dello sviluppo con estrema razionalità e costante analisi del rapporto costi/benefici. Solo le realtà aziendali che opereranno in tal modo potranno sperare di essere competitive quando il mercato tornerà a crescere nuovamente.