Lanciando sulla mangianza
Dagli inizi di marzo alla fine di maggio i grossi banchi di pelagici, iniziano ad assemblarsi e migrano per la riproduzione. Scorribande a galla, gabbiani che urlano e sardine che saltano, il cocktail ideale per lo spinning off-shore!
LA RICERCA DELLA MANGIANZA
Parlare di spinning off-shore fa subito tornare in mente canne pericolosamente in piega e frizioni al limite, con pesci attaccati al boga grip e foto ricordo di rilasci.
Per guadagnare però uno strike, in pochi sanno che bisogna macinare miglia su miglia di mare, al fine di portare al tiro utile (che generalmente è di 50 metri) i branchi di pesci in frenesia alimentare.
Un ottimo osservatore, imparerà ad osservare il moto dei gabbiani e gli assemblamenti in aria degli amici “pennuti”, i quali indicheranno con precisione la direzione presa dal banco di pesci in attività.
Trovata la mangianza, sarà cura dello skipper portarsi sopra corrente e cercare di non passare sul branco ma aggirarlo per evitare l’affondamento immediato dei pesci.
LANCI PERFETTI
Apparentemente semplice lo spinning, presuppone una buona abitudine a lanciare, spesso in condizioni difficili, con vento contrario e la barca in movimento, cercando di arrivare al centro della mangianza.
Molta cura dovrà essere messa nella posizione dell’archetto, evitando chiusure accidentali con conseguente “schianto” dell’artificiale spesso sulle murate della barca. Una volta raggiunta la mangianza, bisognerà mantenere la calma, cercando di gestire al meglio l’artificiale senza recuperi frenetici, dosando la forza ed avendo cura di settare prima il drag, quando il pesce inizia la fuga difatti, la botta è micidiale e spesso tutto il complesso pescante viene messo in crisi.
STRIKE
Il pesce è partito, il filo va via inesorabilmente e sembra improvvisamente essere diventato pochissimo. Questo è quello che penserete quando per la prima volta un grosso pelagico colpirà la vostra esca.
Difatto, però, il dyneema se pur sottile è veramente tanto e raramente un pesce riesce a portar via alla prima fuga 275/300 metri di filo.
Armandoci di buona pazienza e fidandoci del nostro skipper, non appena il pesce interromperà la sua corsa iniziale, inizieremo a guadagnare metri, aiutandoci con la barca e cercando di tenere sempre il filo in trazione.
Alla prima fuga ne seguiranno delle altre, ma a differenza del drifting, in una tecnica dove si hanno canne iperparaboliche e fili sottili e rigidi, sarà fondamentale forzare il pesce e tentare di concludere in tempi brevissimi la battaglia.
Generalmente un combattimento con un pesce che si rispetti non deve mai superare i dieci minuti.
ATTREZZATURE ED ARTIFICIALI
Agli albori di questa tecnica ci si è improvvisati con le attrezzature più disparate, utilizzando canne e mulinelli da verticaljigging e “smontandosi” letteralmente qualche clavicola lanciando.
Oggi esistono canne studiate per questa tecnica di lunghezza che varia dai 2,70 ai 2,95 con una grande riserva di potenza e cimini sottilissimi per consentire di lanciare esche anche leggere.
Per ciò che riguarda i mulinelli, devono essere specifici per questa tecnica con alberi maggiorati, senza antiritorno e con un rapporto di recupero alto che ci consenta di animare al meglio le nostre esche artificiali, imbobinato sempre con del dyneema da almeno 65 lbs ed uno spezzone di fluorcarbon alla fine da 80 lbs con un solid ed uno split ring da 200 lbs.
Gli artificiali al top sono attualmente considerati: le gomme (teste piombate con monoamo e coda lunga in gomma, citiamo: le HERO di produzione italiana, le HOGGY ed i RONZ), le stickbait (citiamo i FOR-TUNA AP Lures interamente realizzati a mano ed italiani) ed infine i metal jig leggeri da 40 fino agli 80 gr (citiamo i JUGULO della molix).
Ovviamente un corredo di esche che si rispetti vedrà almeno due o tre artificiali per tipo fra quelli citati di colorazioni diverse.